Tutto è vita: la morte come condizione assoluta non esiste
La vita implica la morte.
Sembra un paradosso, ma è così: noi prima o poi moriamo, proprio perché viviamo.
Vita e morte sono dunque una di quelle coppie di opposti primarie che costituiscono il tessuto della realtà, come insegnavano i pitagorici, al pari di limite e illimitato, luce e ombra, maschio e femmina.
Alla morte non si sfugge, arriva inesorabile per tutti, senza eccezione alcuna.
Proprio per questo suo carattere universale ed esistenziale, Heidegger vede nella morte la condizione autentica del nostro essere nel mondo.
Se la filosofia non sempre salva la vita, di certo offre importanti consolazioni di fronte all’esperienza più drammatica del nostro esistere.
I filosofi ci offrono molteplici prospettive nel definire la morte e svariati modi per affrontarla.
Giordano Bruno, il cui destino fu estremamente tragico, ci strappa dall’abisso della disperazione e della paura negando che nell’universo ci possa essere una condizione qual è la morte intesa come “ultimo profondo”, come nulla in cui precipitano le cose.
Al contrario, l’universo per Bruno è uno spazio infinito che accoglie una molteplicità di mondi finiti, tutti abitati, proprio come la nostra Terra.
Il cosmo e i suoi abitanti sono costituiti dalla medesima materia che è animata nella sua totalità, in ogni suo punto, dallo stesso principio vitale divino.
Vita e materia sono inscindibili: la prima non si dà mai priva di corpi e i corpi sono l’esplicarsi sensibile della Vita.
Dunque, ogni cosa partecipa della vita ed è dotato di un’anima.
Bruno concepisce la materia come costituita da atomi che muovendosi si aggregano costituendo i corpi e disgregandosi li dissolvono.
I corpi continuamente ricevono atomi dall’esterno e li cedono dall’interno.
Tali movimenti rendono manifesta la Vita o meglio garantiscono la Vita incessante.
Ogni cosa partecipa della vita.
Vita e anima si trovano nelle rocce, nei lapilli, nelle ceneri e perfino nelle ossa dei morti; anche in ciò che appare inanimato in realtà c’è vita.
Il moto delle particelle indivisibili, che costituiscono i corpi, non è casuale come voleva Democrito, ma è guidato da un principio razionale che è la Vita stessa.
Vita, anima e materia sono così legate tra loro in modo organico.
Se l’universo fosse immobile, sarebbe morto, la quiete equivale alla morte.
Ma noi sperimentiamo ovunque nel cosmo la mutazione, perciò la morte come condizione assoluta non esiste, non ha più senso in un cosmo in cui “sempre cosa succede a cosa”.
È per questo motivo che quando crediamo che una cosa muore, piuttosto dovremmo dire che essa cambia la sua composizione accidentale, cambia forma, nel senso che le parti che la compongono vengono a combinarsi in un’altra figura.
Ne consegue che le cose sono immortali, non solo quelle spirituali ma anche quelle corporee.
Pensiamo al bruco e alla farfalla dove il primo deve morire per trasformarsi nella seconda.
In questa prospettiva non c’è spazio per la morte in quanto alternativa alla vita.
Ciò che c’è è solo un movimento incessante di trasformazione.
Nell’universo niente si distrugge ma tutto muta.
La morte allora non diviene più una perdita ma solo una nuova condizione di vita.
Consiglio filosofico: Epicuro diceva il più terribile dei mali, la morte, per noi non è nulla, perché quando ci siamo noi non c’è, e quando c’è non ci siamo noi.
Dunque, non è nulla né per i vivi né per i morti, perché per i vivi non c’è, e i morti non sono più.
Bruno ci permette di compiere un passo ulteriore: la morte è nulla perché in quanto tale non c’è.
Tutto è Vita e ogni cosa è viva.
Noi siamo e saremo vivi anche dopo la morte.
Semplicemente avremo un’altra forma.
Fonte: hashtagfilisofia
A ricordo di chi, a ognuno di noi, ci ha lasciati