Fa davvero rabbia leggere sui giornaloni istituzionali “Verbania, beccato il «Fleximan»… è stato smascherato il 50enne che distruggeva autovelox…”. Scopriamo che le indagini su Fleixman sono state possibili incrociando i filmati catturati dalle telecamere di videosorveglianza cittadina. Le forze di polizia hanno per circa tre mesi osservato vita e comportamenti dei cittadini di un comune piemontese e, dai movimenti di un cinquantenne appartenente alla comunità, hanno dedotto d’aver dato volto e nome a Fleximan.
Siamo tutti Fleximan, perché tutti in cuor nostro vorremmo fermare il controllo continuo e satellitare sulla vita quotidiana. Perché questo spionaggio non significa offrire sicurezza ai cittadini, bensì rubarne la vita per decidere quale sanzione applicare e come togliere loro risorse e patrimoni, come annullare loro risparmi e sacrifici. Il “capitalismo fiscale di sorveglianza” agisce così, colpisce i popoli e permette che il potere sappia tutto di noi. Ecco perché si spera in una massiva emulazione, in eserciti di Fleximan che mettano fuori uso le telecamere di videosorveglianza urbana, quelle che in nome del “green” hanno blindato le città con le ZTL (zone a traffico limitato) e promettono di sanzionare i più poveri, quelli non economicamente in grado di aggiornare il proprio veicolo all’ultima categoria “euro” o di acquistarne uno elettrico. Ecco perché dobbiamo sapere dove processeranno Fleximan, perché si possa andare tutti a fermare questa giustizia carogna che si rivela prona ai potenti della Terra (che pianificano la “riduzione della platea di fruitori di beni e servizi”) e poi commina pene esemplari a chi si è ribellato ai lockdown, alle ZTL ed agli espropri per la “pubblica utilità” delle imprese multinazionali. Una magistratura che sotto pandemia ha approvato le misure di confinamento, di blocco o di chiusura, indicate anche con l’anglicismo lockdown: giustificando il protocollo d’emergenza del ministro Speranza, che ha imposto restrizioni alla libera circolazione delle persone, senza per altro risolvere il problema epidemico.
Ecco perché necessita riscoprire il valore sociale, collettivo e di comunità umana della ribellione. Ecco perché si spera che i contadini non mollino la loro rivolta contro le sempre più stringenti normative europee. Si spera riescano ad incutere timore ai servi del sistema, a coloro che dalle comode poltrone di Bruxelles sostengono “presto vi saranno ferrei divieti di coltivazione…e verranno confiscati i terreni di chi recidivo nel continuare a coltivarli”. Occorre che i cittadini, e non solo i contadini, indaghino sulla vita di questi nemici dell’agricoltura: per sapere tutto di loro, e con le stesse modalità certosine con cui le forze di polizia stanno indagando su Fleximan. Perché è un confronto, anche violento, con chi ci vuole privare del lavoro e del nostro normale livello di vita. Nel concetto esposto a Davos di “riduzione della platea di fruitori di beni e servizi” c’è tutta la filosofia della nuova servitù della gleba che i poteri Ue stanno imponendo ai popoli europei.
Il sopruso passa certamente attraverso norme Ue che puntano a rivedere il catasto urbano e, soprattutto, ad assoggettare il catasto agrario alle stesse strettoie di quello urbano.
Il primo catasto agrario italiano veniva completato nel 1910, ma quello che ha dato una certa forma alle nostre coltivazioni tradizionali è stato completato nel 1929 dal professor Arrigo Serpieri che, da buon economista ed agronomo, comprendeva che la rigidità catastale non si confà col mondo contadino.
In linea di principio, il catasto agrario italiano divideva fabbricati e strade in “improduttivo”, poi c’era il seminativo semplice diviso dalle piante legnose, quindi i prati e i pascoli, la coltivazione di piante legnose specializzate, il bosco e l’incolto produttivo. Le “classi catastali agrarie” evidenziavano la “diversa produttività” delle particelle. Vi erano relativamente poche qualità distinte, e per ciascuna di esse poche differenze reddituali nelle quattro classi. Ma ha sempre strisciato l’idea di un nuovo catasto particellare, mirante a stabilire la rendita delle singole particelle ai fini fiscali. Dimenticando che il catasto agrario non più dimostrarsi copia di quello urbano, ma deve soltanto servire a conoscere le masse di coltura: quindi sommare le particelle agrarie della medesima “qualità” e “classe” di ogni comune italiano. A questo lavoro ha collaborato anche l’Istat che, grazie alle “cattedre ambulanti di agricoltura”, ha dal 1929 il compito di fornire le cifre riguardanti le produzioni agrarie nelle rispettive province. Le varie associazioni hanno anche collaborato a dare maggiore uniformità ai metodi di rilevazione, aiutando l’Istat a censire le attività agricole.
Ma a chi conviene togliere la proprietà della terra ai contadini? Soprattutto a chi conviene bloccare l’imprenditoria agricola? E’ alquanto arduo cambiare la proprietà di un terreno in titolo di concessione, perché l’Italia e la Francia non sono monarchie: i terreni vengono concessi dal sovrano in Inghilterra, Olanda, Belgio e Danimarca dove la proprietà del suolo è della Corona. Ecco perché l’Unione europea punta sull’esproprio per pubblica utilità, permettendo alle multinazionali d’espropriare in forza di leggi che ravvisano “pubblica utilità” negli interessi dei colossi finanziari.
Ma le multinazionali non sono solo “personalità giuridiche”, a controllarle ci sono uomini, i cosiddetti “potenti della terra”: Bill Gates è venuto in visita ufficiale a Roma proprio per controllare i suoi investimenti in terreni e palazzi. Per la “stampa istituzionale” avrebbe solo fatto la cortesia di salutare la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Va detto che con loro pare abbia parlato delle opportunità di controllo sui popoli che offre l’intelligenza artificiale. Sono tanti gli interessi di Bill Gates in Italia, nella sola Roma ha già acquistato Palazzo Marini: l’edificio ospitava gli uffici della Camera, ma presto diventerà albergo di lusso (oltre le cinque stelle) del gruppo “Four Seasons”, società di cui Microsoft detiene il pacchetto azionario attraverso la “Cascade Investment”. Socio in affari di Bill Gates è il miliardario saudita Al-Waleed Bin Talal: il principe saudita dal quale Gates ha acquistato sotto pandemia più del 51% delle quote della catena alberghiera (2,3 miliardi di dollari). Bill Gates è tra i potenti della terra che spingono per un maggiore controllo dei cittadini attraverso telecamere ed obblighi di tracciatura continua di ogni movimento fisico, lavorativo, economico. Ma il patron di Microsoft è anche lo scrupoloso lobbista che chiede l’Unione Europea sia più celere nell’espropriare le terre ai contadini: grazie a questi espropri Gates è oggi il più importante latifondista in Usa ed in Sud America.
Il “Four Season” di Roma diventerà il quartier generale di Gates in Europa: avrà sede a Palazzo Marini, un complesso di due edifici in piazza San Silvestro rilevati dal magnate per 530 milioni di euro tramite la “Dea Capital Real Estate Sgr”. Un report di Federalberghi acclara che, entro fine “Giubileo 2025”, ci saranno a Roma 65 alberghi oltre le stelle di proprietà di Gates e suoi pari. Ben si comprende che Gates è il creatore del “nuovo sistema feudale cibernetico”, che noi “servi elettronici della gleba” saremo sempre più assoggettati a continui controlli e sanzioni. Una sorta di gestione cinese delle nostre esistenze. Quindi veniamo espropriati della terra, del lavoro, dei laboratori, per scongiurare noi ci si possa difendere dai “potenti della Terra”. Vassalli e valvassori assicureranno non ci siano ribellioni, e che la repressione sarebbe oltremodo certa e celere: per questo la politica locale cerca intese durature con magistratura e forze di polizia. Al popolo non rimane che sperare in Fleximan, pardon Robin Hood.
Fonte: La Pekora Nera
Inter
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