Il gioco delle 3 carte
Angelo Di Lorenzo
Avvocati Liberi
I soldi del PNRR si giocano al tavolo della giustizia, e l’Italia punta all in all’apertura con carte deboli, bluffando sulle reali capacità di raggiungere gli obbiettivi richiesti.
Nella riforma del processo penale troviamo molti esempi di simulazioni mentaliste al soldo del vil denaro.
Una di queste è la nuova forma di processo per gli imputati “assenti”, ossia contro coloro che non sono stati reperiti e non vi è prova certa che abbiano avuto notizia della pendenza del giudizio a loro carico.
Ebbene, a differenza di prima, la riforma prevede che questi soggetti vengano prosciolti con sentenza, la quale farà “numero” tra i processi definiti e contribuirà al raggiungimento dell’obbiettivo europeo imposto al nostro Paese di ridurre del 25% i processi penali entro il 2026.
E’ tutta una farsa.
Il proscioglimento è solo fuffa e nessuna deflazione processuale si realizza, posto che vengono sospesi e raddoppiati i termini di prescrizione del reato e iniziano le ricerche al fine di riaprire del processo.
Una volta reperito l’imputato, anche dopo anni, il processo ricomincia da capo.
Quindi cui prodest?
Sicuramente la norma serve i fini statistici ma non certo serve l’imputato, ibernato in un limbo da cui appena esce troverà la scure del boia pronta a mozzargli le mani senza alcuna nuova garanzia di tutela.
Anzi. Si allungano i tempi.
Altra fregatura è la richiesta al PM e al GIP di prevedere la condanna dell’imputato prima di richiedere l’archiviazione o di rinviare a giudizio.
Il PM – che prima poteva chiedere l’archiviazione in presenza di una notizia di reato infondata – dopo la riforma dovrà farlo solo se e quando prevede che, ragionevolmente, l’indagine non porterà ad una condanna all’esito del giudizio.
Allo stesso modo il GIP – che prima proscioglieva nel dubbio della sussistenza del fatto – oggi proscioglierà se ritiene ragionevole che il suo rinvio a giudizio non porti a una condanna
Non è uno scherzo!
Il magistrato trasferisce al magistrato della fase successiva l’imprinting della colpevolezza
Bella fregatura se si pensa che vengono eliminate le endiadi di senso che differenziavano il momento inquirente (cioè l’accusa del PM) da quello decisionale (cioè il giudizio del GIP sull’accusa), per lasciare spazio all’identico presupposto valutativo per le scelte definitorie del processo (circ.Min 26 ott 22)
A fronte di cotanta capacità divinatoria dei giudici nulla potrà una difesa che nemmeno più nel merito del reato, o su questioni processuali o sulla colpevolezza potrà interloquire
Vale solo l’opinione a staffetta, non più il giudizio di un fatto storico e processuale, ma la previsione di un fatto futuro
E come si fa a ragionare su questo?
C’è chi la chiama “prognosi” ma la convinzione che quel processo andrà in malora resta uno ius proprium del PM o del GIP.
Del resto siamo troppo disillusi per credere alle favole, perché la giustizia è tanto più vicino ad un processo quanto il governo italiano è vicino al cittadino.
Andrà a finire come sempre, che il Giudice si limiterà a cambiare il paradigma motivazionale delle sue decisioni, passando dalla pigra ripetizione della vecchia formula normativa “la notizia di reato è infondata” o “il fatto non sussiste”, al nuovo mantra “non v’è una ragionevole previsione di condanna”.
Insomma motivazioni apparenti, talmente soggettive da essere inopinabili, libere da forme di misurazione della produttività della prognosi: cosa accade se il PM ed il GIP abbiano mandato a giudizio una persona poi assolta?
Tale esito dovrebbe essere considerato un “errore” del giudice proprio perché oggi la legge impone a quel giudice di non processare persone che potrebbero non essere condannate, e di prevedere in anticipo tale esito.
L’assoluzione dunque sarà un demerito per il giudice, dimostratosi incapace di fare prognosi.
Ma va tutto bene, i soldi per il carrozzone li abbiamo trovati, i numeri ci sono, così come pure il cetriolo per il malcapitato di turno servito freschissimo.
FONTE: ALI – Avvocati Liberi