Il fuoco della tensione bellica si espande in Africa. A pochi giorni dal vertice Russia Africa di quest’anno dove Putin ha promesso l’invio gratuito di grano ai paesi più poveri, esplode una ribellione da non sottovalutare in Niger. Il Governo di Mohamed Bazoum è attualmente sotto controllo dei golpisti. Non il primo colpo di Stato quello di questi giorni: avvenne anche nel 2021, a pochi giorni dell’elezione di Bazoum.
Al centro del caos però si inserisce anche la Francia di Macron, che ha sospeso gli aiuti al Paese dopo il golpe. I filo-golpisti hanno infatti manifestato contro l’ambasciata francese di Niamey, la capitale del paese, tentando anche di entrare nell’edificio. Quello che però cattura l’attenzione è la larga presenza di bandiere russe tra i civili.
Il colpo di Stato in Niger apre un nuovo varco a Vladimir Putin in Africa. Il generale Abdourahamane Tchiani – capo della guardia presidenziale e uomo all’origine del golpe che mercoledì ha defenestrato il presidente eletto Mohamed Bazoum – si è presentato al Paese in tv come il nuovo uomo forte e ha rivolto una richiesta di sostegno internazionale a cui il gruppo mercenario russo Wagner ha subito risposto. Anche se non c’è alcun segnale che Mosca o Wagner abbiano avuto un ruolo nella cacciata di Bazoum, il caos presenta un’opportunità per Mosca in un Paese che è uno dei maggiori produttori mondiali di uranio.
Il Niger, un paese povero e ricco di uranio, si trova nel Sahel, l’arida regione a sud del Sahara che ha affrontato una crescente insicurezza tra gli effetti sempre più gravi del cambiamento climatico, l’instabilità politica e le insurrezioni armate. La presa di potere militare in Niger è la sesta in Africa occidentale in meno di tre anni, dopo quelle in Burkina Faso, Guinea e Mali, e minaccia di ribaltare gli sforzi regionali per combattere le insurrezioni islamiste da parte di gruppi affiliati ad al-Qaeda e allo Stato islamico ma anche arginare l’espansionismo russo in Africa.
Gli esperti dicono che non ci sono prove che la Russia sia dietro il colpo di stato in Niger, dove i fattori personali sono considerati un fattore scatenante più probabile. Le tensioni erano aumentate costantemente tra Bazoum, agli arresti nella sua residenza, e il capo della guardia presidenziale, il generale Tchiani. Le manifestazioni a Niamey, l’assalto all’ambasciata francese, i cartelli pro-Putin ci dicono però che la Russia si è ben posizionata come l’emblema del sentimento anti-occidentale, e soprattutto anti-francese, in ampie zone dell’Africa. E questo aiuta a creare altre aperture per il Cremlino.
Nel vicino Mali, circa 1.000 membri della Wagner hanno sostituito circa 5.000 soldati francesi che si sono ritirati l’anno scorso. Wagner è anche una presenza importante nella Repubblica Centrafricana, dove protegge il presidente Faustin-Archange Touadéra, che domenica ha indetto un referendum volto a prolungare il suo mandato. Nel Sudan sconvolto dalla guerra fra i due generali ci sono oltre duemila uomini della Wagner a protezione delle miniere d’oro che sono in concessione a una compagnia del gruppo di Prigozhin.
Il golpe in Niger fa sì che adesso una linea ininterrotta di Paesi che si estende attraverso l’Africa, dall’Atlantico al Mar Rosso, rappresenti una Russian Belt, una fascia sotto controllo militare russo. Molte sono ex colonie francesi, dove una rabbia viscerale per l’ingerenza post coloniale ha aumentato il sostegno ai golpisti. Domenica i sostenitori del colpo di Stato hanno sventolato bandiere russe a Niamey e ne hanno appesa una al muro dell’ambasciata francese, un eco di scene simili in Burkina Faso e Mali , dove le bandiere russe sono emerse anche tra le persone che celebravano i colpi di Stato nel 2021 e nel 2022.
Il golpe, il quinto nel Niger da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960, potrebbe infliggere un colpo fatale alla nascente democrazia del Paese: ha avuto la sua prima transizione pacifica e democratica del potere solo pochi anni fa, quando il presidente Mohamed Bazoum è entrato in carica da un altro presidente eletto. Un potente blocco di Stati dell’Africa occidentale ha sospeso i rapporti con il Niger e ha autorizzato il possibile uso della forza se il presidente democraticamente eletto non sarà rilasciato e reintegrato entro una settimana. L’ultimatum è stato consegnato dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), la Francia ha avvertito che qualsiasi attacco ai cittadini francesi o ai suoi interessi in Niger provocherà una reazione “immediata e rigorosa”.
Gli ammutinati hanno affermato di aver rovesciato Bazoum perché non era in grado di proteggere la nazione dalla crescente violenza jihadista. Appare però un’affermazione servita da pretesto per un’acquisizione che riguarda più le lotte di potere interne che la protezione della nazione. È chiaro che il Niger ha più da perdere se si allontana dall’Occidente e dai milioni di dollari di assistenza militare che la comunità internazionale finora gli ha fornito. Sabato, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha affermato che gli accordi economici e di sicurezza che il Niger ha con gli Usa – le due basi di droni fungono da fulcro in un arcipelago di avamposti statunitensi nell’Africa Occidentale – dipendono dal rilascio di Bazoum. Dal 2012 gli Usa hanno inviato aiuti per 500 milioni di dollari. La stessa posizione è stata assunta dalla Francia. Uno spostamento delle alleanze potrebbe avere importanti implicazioni per i Paesi occidentali e gli organismi internazionali. Le Nazioni Unite avevano pianificato di utilizzare il Niger come hub logistico per il ritiro della sua operazione di mantenimento della pace di 13.000 persone in Mali che dovrebbe partire alla fine dell’anno.
È certamente singolare poi il fatto che molti ufficiali dell’esercito nigerino – che ora sembrano voltare le spalle all’Occidente – siano stati addestrati negli Stati Uniti, come il generale Moussa Salaou Barmou, capo delle forze per le operazioni speciali e uno dei leader del colpo di Stato. Dal 2012, ufficiali addestrati dagli Usa hanno condotto almeno sei colpi di Stato nei vicini Burkina Faso e Mali . Sono stati anche coinvolti in recenti acquisizioni in Gambia (2014), Guinea (2021), Mauritania (2008) e Niger (2023). “Le principali questioni che alimentano il conflitto in Niger e nel Sahel in generale non sono di natura militare. Derivano dalla frustrazione della gente per la povertà, l’eredità del colonialismo, la corruzione dell’élite, le tensioni e le ingiustizie politiche ed etniche. Tuttavia, piuttosto che affrontare questi problemi, il governo degli Stati Uniti ha dato la priorità all’invio di armi e finanziamenti e all’addestramento delle forze armate della regione a condurre le proprie guerre contro il terrore”, spiega Stephanie Savell, condirettrice del progetto Costs of War presso la Brown University ed esperta di sforzi militari statunitensi in Africa occidentale. “Una delle conseguenze estremamente negative è stata quella di potenziare le forze di sicurezza della regione a scapito di altre istituzioni governative e questo è sicuramente un fattore nella serie dei colpi di Stato che abbiamo visto in Niger, Burkina Faso e altrove negli ultimi anni”.
A offrire il suo aiuto ai golpisti è arrivato anche il capo della Wagner Prigozhin, secondo il quale la sua compagnia militare privata è in grado di affrontare rapidamente situazioni come quella a Niamey. Centinaia di suoi mercenari si trovano già nel vicino Mali, su invito della giunta militare, per fronteggiare un’insurrezione islamista che è più forte nell’area in cui si incontrano i confini di Mali, Burkina Faso e Niger.
Fonti: Radio Radio TV / Il Fatto Quotidiano