Migranti: le fake sulla protezione speciale
«Io ho come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade al resto di Europa».
Questa l’affermazione, falsa, detta dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni durante il suo viaggio in Etiopia.
Si va a sommare a una serie di dichiarazioni non supportate dalle evidenze, che vanno dall’“unicum italiano” ribadito dalla premier alla protezione speciale, come “fattore di attrazione per l’immigrazione” per l’alto numero degli accoglimenti delle domande.
Prima di smontare queste fake news, proviamo a comprendere cosa è la protezione speciale, a quali richieste faccia riferimento, quante siano effettivamente le domande.
Cosa comporterebbe la loro cancellazione e a quale “gioco” politico risponde questa volontà di cancellare una possibilità di rimanere, legalmente, in Italia.
La protezione speciale
nasce dopo che il decreto ministeriale Salvini, nel 2018, cancella la protezione umanitaria, lasciando, di fatto, un vuoto di tutela a delle fattispecie importanti tra le persone migranti richiedenti che non rientrano nello status di rifugiato, né nella protezione sussidiaria, ma presentano comunque dei requisiti che richiedono un intervento di protezione.
In attuazione di regolamentazioni dell’Unione Europea, il nostro sistema dovrebbe prevedere tre figure di protezione:
lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria.
Cos’è la protezione speciale?
Venendo meno la protezione umanitaria, per evitare un respingimento o l’espulsione tra coloro che presentano determinati requisiti stabiliti per legge, occorreva riconoscere una protezione alla persona straniera che possa essere perseguitata
“per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali”; che possa “rischiare di essere rinviata verso un altro Stato nel quale non sia protetta dalla persecuzione”, i famosi paesi terzi che noi consideriamo sicuri, dove però la sicurezza non esiste, come scrivemmo tempo fa della Tunisia, stato di destinazione della maggior parte dei rimpatri che avvengono dall’Italia;
o possa essere respinta in luoghi dove “esistano fondati motivi di ritenere di essere sottoposti a tortura o a trattamenti inumani o degradanti”.
A questi casi, se ne aggiungono poi altri in cui per la persona straniera:
“esistono fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica”.
Per tutti questi motivi, le commissioni territoriali in Italia riconoscono alla persona richiedente la protezione speciale, che in realtà già Salvini ministro dell’interno riconosceva per un numero di motivi più esigui (per cure mediche, contingenze di eccezionale calamità e atti di particolare valore civile) che sono stati ampliati dalla ministra Lamorgese.
Quanti sono i beneficiari?
Ed è proprio questo allargamento della fattispecie che viene considerato un fattore d’attrazione.
Per alcuni, soprattutto rappresentanti della Lega, supportato dal fatto che, nel 2022, su oltre 30mila permessi di soggiorno rilasciati, a ottenere la protezione speciale siano state oltre 10mila persone migranti.
Un numero che subito si è corsi a confrontare con le 6mila che hanno ottenuto lo stato di rifugiato.
Ma, se si va a guardar dentro i numeri si scopre che protezione speciale e sbarchi è un binomio tanto gridato al vento, ma vero fino a un certo punto.
A beneficiare della protezione speciale negli ultimi due anni sono infatti per lo più persone che arrivano dall’Albania e dal Perù.
10mila persone che, lo scrivevamo ancora un mese fa, riprendendo l’allarme lanciato da Magistratura democratica, si trovano già in Italia,
«paese dove lavorano con contratti regolari, hanno un’abitazione e spesso avevano qui trasferito anche la famiglia.
Persone, insomma, ormai parte integrante del sistema sociale del nostro paese».
Una cancellazione che di fatto estromette
«le persone dal sistema legale, impedendo loro – nella volontà del governo – di chiedere un permesso per protezione speciale».
Aumenta l’irregolarità che serve al governo
Ma se già si trovano in Italia e lavorano queste persone migranti o se comunque avessero bisogno di essere riconosciute nella loro necessità di avere protezione, il fatto che questo permesso speciale venga abolito cosa comporterebbe?
«La conseguenza immediata – lo anticipava Magistratura democratica – potrà essere quella di produrre un esercito di irregolari che non potranno essere allontanati, in mancanza di accordi per il rimpatrio con la maggioranza dei paesi dai quali provengono, e che andranno ad alimentare il mercato del lavoro nero e dello sfruttamento o della criminalità, su cui lucrano potentati economici sempre più invadenti, interessati ad abbattere i costi della manodopera (ad esempio nel settore agroalimentare o in quello della logistica)».
Irregolari nelle mani del caporalato e/o da richiudere nei Centri per il rimpatrio che si vogliono aprire in ogni regione italiana, per mostrare che la politica Meloni è quella dell’espulsione.
Anche se poi i numeri dimostrano che non vi sono rimpatri.
O meglio, ci sono, per lo più in Tunisia, dove vi è un accordo che prevede un volo a settimana per 70 persone, ma rimangono soluzioni e numeri ridicoli, perché per rimpatriare occorrono accordi con i paesi di origine.
Accordi che non esistono.
E mentre Meloni, dopo aver decretato lo stato di emergenza per l’eccesivo numero di sbarchi, parla di cancellare la protezione speciale, il resto delle forze politiche che la sostengono parla di una stretta.
Portare la protezione dagli attuali due anni a essere rinnovata solo per 6 mesi e senza la possibilità di trasformarla, come accade ora, in permesso di lavoro.
La certezza dunque dell’irregolarità allo scadere dei termini.
Più persone per strada, ad alimentare il malcontento, la narrazione del degrado, dell’insicurezza, della mancata voglia di lavorare.
La bufala dell’unicum europeo
E mentre si riprendono i lavori in commissione (il 18 aprile il cosiddetto decreto Cutro arriva in Senato, mentre Asgi lancia un appello e indice una manifestazione nazionale fuori da palazzo in segno di protesta), il ministro Salvini, il cui disco salta sempre nello stesso punto, ripete
«la protezione speciale non esiste a livello europeo, l’Italia non può accogliere da sola i migranti che arrivano da ogni dove».
Ed è sufficiente guardare oltre i confini italici, affinché anche l’unicum scompaia: sono 18 su 27 i paesi europei che prevedono protezioni complementari come quella speciale.
Tra questi, lo scorso anno, Germania, Francia e Spagna hanno ricevuto il triplo delle richieste rispetto al nostro paese in cui i migranti “arrivano da ogni dove”.
Paese che, i numeri lo confermano ogni anno, è per la maggior parte delle persone che sbarcano uno stato di transito.
Lo dicono non solo i numeri delle richieste d’asilo che riceve l’Italia (quarta in Europa) e quelle dei rigetti a queste domande (meno di una su due viene accolta), ma anche i dati dell’accoglienza che raccontano di centri vuoti e quelli che sottolineano come la popolazione residente straniera in Italia sia una presenza consistente ma che poco si sposta ogni anno dai 5milioni di presenze.
Rimane un’ultima beffa: un decreto che respinge e aumenta la detenzione per chi arriva, e che porta il nome di una strage avvenuta in mare.
Cutro, quel luogo dove fare un frettoloso consiglio dei ministri perché un ministro che aveva già cancellato la protezione umanitaria doveva spegnere le candeline.
Fonte: nigrizia