Fumata nera
sull’accordo Ue per
il tetto al prezzo del petrolio russo
La politica europea dei price cap energetici è ancora in salita e circondata di incognite, non solo sul fronte del gas ma anche su quello del petrolio russo.
Giovedì 24 novembre, il Consiglio Energia ha nuovamente rinviato la decisione sul tetto al prezzo del gas proposto da Bruxelles, perché il meccanismo di correzione del mercato con il cap a 275 €/MWh ha finito per scontentare tutti.
Chi è favorevole a un massimale di prezzo – Italia in testa – pensa che il regolamento presentato dalla Commissione Ue sia inefficace perché la soglia di prezzo è troppo alta; invece chi è contrario, come Germania e Olanda, continua a temere che il price cap potrebbe allontanare i fornitori verso altre destinazioni dove vendere il Gnl trasportato via nave.
E ciò potrebbe mettere a rischio la sicurezza degli approvvigionamenti europei.
Altre spaccature si sono viste nelle discussioni sul prossimo blocco di sanzioni contro Mosca e su come applicare il tetto al prezzo del petrolio russo.
Sempre giovedì, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affermato in una conferenza stampa durante la sua visita in Finlandia che “stiamo lavorando a tutta velocità al nono pacchetto di sanzioni e approveremo molto presto un price cap sul petrolio russo con il G7 e gli altri principali alleati” (fonte Reuters).
Price cap: nessun accordo
Finora gli Stati membri non hanno raggiunto un accordo sulla questione petrolio.
La Commissione Ue ha proposto un tetto tra 65-70 $ al barile sul greggio russo, un livello sostanzialmente in linea con la media delle quotazioni storiche di prima della guerra in Ucraina.
Tuttavia, secondo alcuni analisti citati dalle agenzie di stampa internazionali, questo cap rischia di non avere alcun impatto sulla Russia, perché Mosca sta già vendendo il suo oro nero a prezzi scontati rispetto al Brent, al di sotto del massimale discusso dalla Ue.
Alcuni Paesi, come quelli baltici e la Polonia, sono favorevoli a inasprire le sanzioni commerciali contro la Russia, petrolio incluso.
Varsavia, in particolare, vorrebbe un cap molto più basso, sui 30 $ al barile (fonte Politico).
Mentre Budapest anche in questo caso ha espresso diverse obiezioni, data la sua forte dipendenza dalle importazioni energetiche dal Cremlino.
Ricordiamo che la proposta di applicare un price cap al petrolio di Mosca era partita dal G7 a settembre.
Attuazione difficile
Ma è una misura difficile da attuare e gli obiettivi da perseguire spesso sono sembrati ambigui, tra il cercare di ridurre i profitti che la Russia fa vendendo il suo petrolio e il garantire che il petrolio russo continui a essere scambiato, in modo da evitare scossoni eccessivi sui mercati globali e conseguenti incrementi dei prezzi.
A ottobre il Consiglio Ue aveva gettato le basi legali per fissare un massimale di prezzo al greggio russo, quando aveva approvato un nuovo pacchetto di sanzioni contro Putin (il numero 8 dallo scoppio del conflitto in Ucraina).
Come funzionerebbe il meccanismo?
In pratica, da dicembre 2022, chi vi aderisce non potrebbe fornire servizi di trasporto marittimo, assistenza tecnica, intermediazione finanziaria o finanziamento, al petrolio esportato dalla Russia a un prezzo più alto rispetto a quello del cap.
Intanto, ricordiamo, la Ue aveva già deciso un suo embargo alle importazioni via nave di greggio russo, che scatterà il prossimo 5 dicembre.
Alcuni Stati membri si erano a lungo opposti alle ipotesi di limitare i prezzi del petrolio proveniente da Mosca, in particolare Grecia, Cipro e Malta, perché hanno grandi interessi economici legati al trasporto marittimo del greggio.
Quindi il pacchetto Ue concordato a ottobre prevede delle concessioni a questi Paesi, tra cui una valutazione degli impatti economici da effettuare prima che entri in vigore il price cap con la possibilità, in caso di esito negativo, di applicare soluzioni per mitigare le perdite economiche.
FONTE: qualenergia.it