Il Tesla italiano mai riconosciuto dalla scienza ufficiale.
Pier Luigi Ighina
Uno scienziato assolutamente fuori dall’ordinario, dimenticato da tutti come già accaduto a molti suoi predecessori, un uomo preso poco in considerazione: lui era italiano e all’epoca aiutante di Guglielmo Marconi conosciuto anche come l’Uomo delle Nuvole!
Grazie alle sue ricerche, Ighina a volte è stato capace di far sorridere qualche esponente del mondo scientifico, ma molti sostengono il suo operato ed in particolare le sue invenzioni per il controllo e il cambiamento climatico.
Chi è l’imolese Pier Luigi Ighina?
Cosa potrebbe esserci di vero nelle sue invenzioni e nella sua storia?
Pierluigi Ighina nasce a Milano il 23 giugno del 1908 e fin da giovane si interessa dello studio della natura, delle forze motrici, ma soprattutto si dedica al campo dell’elettromagnetismo tanto da specializzarsi in elettronica e trovare lavoro nell’azienda Magneti Marelli, per poi arruolarsi nell’esercito come telegrafista nel 1926.
Proprio durante gli anni trascorsi in Marina Militare, Ighina inizia la sua attività di ricercatore controcorrente, occupandosi in particolare di elettromagnetismo che culmina negli anni ’20 con l’annuncio della scoperta dell’atomo magnetico, conosciuto anche come il collante della materia, che avrebbe osservato tramite un microscopio di sua invenzione e che avrebbe poi suddiviso in monopoli magnetici: il monopolo positivo sarebbe l’energia derivante dal sole e che arriva alla terra in forma spiraliforme, mentre quello negativo sarebbe l’energia derivante dalla Terra e che arriva al sole sempre nella medesima forma.
Lo scontro tra questi due monopoli creerebbe, secondo Ighina, la vita e la materia con un suono pulsante avente lo stesso ritmo del cuore umano.
Nel 1936 il conte imolese Giulio Gamberini, marito della sorella di Ighina, lo invita a trasferirsi ad Imola per aiutarlo nella gestione dei vari terreni di famiglia e proprio lì trova tutto lo spazio necessario per costruire i suoi macchinari e proseguire le sue ricerche scientifiche.
Queste terre, però, si trovavano all’interno del perimetro dell’autodromo di Imola e questo, nel tempo, ha alimentato numerose leggende sulla sua figura e, soprattutto, su una delle sue invenzioni nota come stroboscopio, un oggetto in grado di far avvicinare le nuvole provocando la pioggia.
Pier Luigi Ighina
era un uomo straordinario, assolutamente fuori dal comune: amava lavorare di notte, andare a letto alle 4 di mattina e passare la maggior parte del tempo da solo senza amici, ma con pochissimi collaboratori.
«Il sapere è una cosa comune ed è giusto che venga utilizzato da tutti» Pier Luigi Ighina
Nonostante questo distaccamento dai rapporti umani, però, Ighina dichiara che la sua più grande soddisfazione è stata quella di vedere una platea di bambini entusiasti alla vista dello spostarsi delle nuvole grazie al suo stroboscopio.
Lo scienziato, inoltre, ha sempre sostenuto di essere stato uno stretto collaboratore di Guglielmo Marconi tanto che questi gli avrebbe detto di portare avanti le ricerche sull’elettromagnetismo anche dopo la sua morte.
Essendo un collaboratore in ombra, Ighina sarebbe stato uno dei pochi a conoscere il progetto della famosa arma che il Duce avrebbe voluto usare nel periodo bellico per annientare completamente il nemico, il famigerato raggio della morte che avrebbe avuto la capacità di fermare ogni tipo di velivolo o missile all’istante e di cui Rachele Mussolini sarebbe stata testimone inconsapevole.
Nonostante queste sue affermazioni circa la collaborazione con Marconi e le sue assidue frequentazioni presso la fondazione, non risulta comprovato da nessuna documentazione il rapporto tra i due scienziati.
Nel 1937, lo stesso anno della morte di Marconi, Ighina fonda ad Imola il Centro Internazionale di studi magnetici in viale Romeo Galli 4 che rimase un’associazione senza scopo accademico.
Grazie alle invenzioni di quegli anni, Ighina sostiene di essere in grado di generare o fermare persino i terremoti.
Lo scienziato italiano considerato eretico viene intervistato a Report all’età di 90 anni e proprio in occasione di quell’intervista ha mostrato il funzionamento della sua macchina della pioggia ovvero un congegno composto da una grossa elica da elicottero rivolta verso l’alto e da due tubi posti in superficie e sottoterra.
Fonte: video-reporter