Il Pellet è più inquinante e dannoso del carbone.
Inquina ed è nocivo, addirittura cancerogeno.
lo dicono vari studi condotti negli ultimi anni da enti quali l’Enea e il Royal Institute of International Affair.
In questi ultimi anni c’è stato un aumento di stufe domestiche e caminetti che utilizzano il pellet come combustibile.
Questi sistemi di riscaldamento sono cresciuti anche grazie ai bonus fiscali.
Dovevano essere una grande innovazione eco-friendly, sostenibile, e portare un gran risparmio nelle tasche degli italiani.
I primi studi su questa nuova biomassa innovativa davano un parere positivo ed entusiasta al riguardo.
Qualcosa non sta funzionando e studi più approfonditi hanno dimostrato tutti i limiti di questo combustibile.
Non solo il pellet è inquinante e poco sostenibile ma addirittura dannoso.
Il pellet era considerato sicuro, ma è cancerogeno
Inizialmente prodotto dagli scarti della lavorazione del legno, oggi ricavato dal tronco intero, può essere definito come
“biocombustibile addensato, generalmente in forma cilindrica, di lunghezza casuale tipicamente tra 5 mm e 30 mm, e con estremità interrotte, prodotto da biomassa polverizzata con o senza additivi di pressatura”.
La norma UNI EN 17225-2 determina le specifiche e la classificazione del pellet di legno per uso industriale e non.
Negli anni della sua diffusione, l’Università di Bologna in collaborazione con la University of British Columbia, aveva prodotto il primo rapporto ufficiale in cui lo si riconosceva sicuro per le persone e a basso impatto ambientale.
Studi recenti dimostrano che il pellet è dannoso per la salute
L’utilizzo delle biomasse per il riscaldamento non porta i benefici sperati.
A causa delle emissioni di particolato (PM2.5 e PM10), incrementa l’inquinamento atmosferico e provoca danni alla salute.
Parliamo tanto di smog e inquinamento cittadino.
Generalmente tendiamo a incolpare i gas di scarico delle auto ma un forte impatto potrebbe averlo anche il pellet e i fumi rilasciati da stufe e caminetti.
Gli scarti della combustione del legno, rilasciati nell’aria, sono i peggiori inquinanti in circolazione, più nocivi dei gas di scarico di un’automobile.
L’ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ha comunicato che il pellet, in antitesi al pensiero comune, sarebbe inquinante e dannoso per l’uomo al pari del carbone.
Premesso che essendo soggetto a combustione produce biossido di carbonio, particolato e benzopirene.
Proprio per questi motivi è stato additato da Enea come causa di inquinamento e problemi di salute all’apparato respiratorio attraverso nuovi studi più approfonditi.
Sempre per ENEA il 99% delle emissioni nocive nel settore civile, arriverebbe dalla combustione di masse legnose, incluso ovviamente il pellet, ormai largamente utilizzato nel riscaldamento domestico più che il legno.
A suffragio delle tesi di ENEA ci sono i dati aggiornati a febbraio 2017 di ARPA Lombardia.
Stando ai dati dell’Arpa Lombardia, la prima fonte di smog è la combustione della legna e del pellet che arriverebbe a rappresentare il 45% delle polveri sottili Pm10 preseti sul territorio regionale.
Le polveri sottili Pm10 e Pm2.5 possono essere considerate cancerogene, ecco perché molti sostenitori della salute pubblica hanno additato il pellet come cancerogeno.
La pericolosità delle polveri sottili è direttamente proporzionale alla dimensione: più piccole sono le particelle e più in profondità potranno permeare in nostro apparato respiratorio.
Non è tanto il pellet a essere cancerogeno quanto i fumi sprigionati dalla sua combustione così come dalla combustione della legna.
In Italia, stando a una ricerca del progetto Viass del Centro controllo malattie del Ministero della Salute, si registrano circa 30.000 decessi l’anno causati dall’impatto del particolato fine sulla salute, pari al 7% di tutti i decessi, aumentati se consideriamo che anche il Covid19 sembra avere una certa correlazione con l’inquinamento ambientale.
Se le polveri sottili, particelle microscopiche dal diametro di 7 µm possono raggiungere la cavità orale, nasale e la laringe, particelle dal diametro di 1,1 µm possono raggiungere e danneggiare addirittura gli alveoli polmonari.
Inoltre, secondo uno studio del Royal Institute of International Affairs, il pellet non è nemmeno eco-sostenibile.
Il motivo? Fino a oggi abbiamo pensato che le biomasse fossero una valida alternativa ai combustibili fossili perché ricavate da materia rinnovabile: gli alberi.
Il problema è che gli alberi giovani, continuamente tagliati e re-impiantati, non arrivano alla maturità opportuna per assorbire abbastanza CO2 da bilanciare le emissioni prodotte dalla combustione della biomassa.
Fonte: celsius
PELLET NOCIVO SOTTO SEQUESTRO, LE REGOLE PER ACQUISTI SICURI
E’ notizia di pochi giorni da che la Guardia di Finanza ha sequestrato 240mila chili di pellet nocivo per la salute.
Le analisi effettuate sul prodotto prelevato da un’azienda biellese hanno rilevato dosi elevate di collanti e vernici, prima fra tutte la formaldeide, una sostanza spesso usata nella produzione di arredi ma assolutamente inadatta ad essere bruciata.
Una prolungata esposizione alla formaldeide infatti, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc), è ritenuta cancerogena per l’uomo e causa di neoplasie dell’apparato respiratorio e leucemia.
Alla luce di questo fatto e con l’autunno ormai alle porte, ritorna il problema della sicurezza del pellet: come assicurarsi che quello che stiamo per acquistare è efficiente e non mette a rischio la salute nostra e della nostra famiglia?
Le CERTIFICAZIONI
In fase d’acquisto è bene verificare la presenza della certificazione europea ENPlus.
Questa non garantisce solo la qualità del prodotto, ma anche la tracciabilità e il suo ciclo di vita.
La certificazione suddivide il pellet in tre categorie: A1 per il più pregiato, caratterizzato da un contenuto di ceneri massimo pari allo 0,7%, A2 di categoria leggermente inferiore e B, il più scadente, non adatto ad usi domestici o privati, caratterizzato da un contenuto di ceneri massimo del 3,5%
Al fianco del marchio ENPlus inoltre dovrà essere presente il codice identificativo dell’azienda dal quale proviene.
Questo codice sarà composto da due lettere, indicanti il paese di proveniente (ad esempio, IT per l’Italia) e da tre cifre corrispondenti al nome del produttore.
L’ ETICHETTA CHIARA
Molte informazioni fondamentali sul pellet che stiamo per acquistare ci vengono fornite in etichetta.
Il parametro più importante a cui guardare è il residuo di ceneri, considerando che un pellet che ne contiene molte produce più polveri nella combustione e costringe a pulire più frequentemente la stufa. Il suo valore ideale è 0,7% ma risulta accettabile sino al 1,5%,
Il potere calorifico è un’altra di quelle voci da controllare in etichetta anche se di rilevanza limitata dal momento che molti produttori sono soliti indicare il valore relativo allo stato anidro.
Possiamo trovare sulle etichette valori tipo 5,3 kWh/kg.
In realtà il potere calorifico reale del pellet è attorno ai 4,7-4,8 kWh/kg.
Cifre più alte sono false: il potere calorifico non può essere considerato allo stato anidro ma va misurato per quello specifico pellet con il suo contenuto idrico, mediamente del 6-8%.
Alla voce specie legnosa è possibile ricavare invece diverse informazioni circa la tipologia di legno utilizzato ma queste non sono indicative della qualità del prodotto che stiamo per acquistare
QUALITA’ VISIBILE
E’ possibile riconoscere un pellet scadente con una semplice occhiata? In un certo senso, sì.
Basterà sollevare il sacco e analizzarlo visivamente: molti residui di pellet sbriciolato indicano un prodotto di scarsa qualità che è stato, tra l’altro, sottoposto a lunghi spostamenti.
Un pellet di qualità sarà compatto e privo di residui.
Al contrario di quanto si creda, invece, il colore invece non ha nulla da dirci sulla qualità del prodotto ma può rivelarci in che modo è stato sottoposto ad essiccazione: una colorazione più scura indica che probabilmente è stato utilizzato un essiccatoio a tamburo.
In ogni caso, è buona regola diffidare sempre dai pellet contenuti in imballaggi anonimi, oppure venduti sfusi: oltre ad essere vietate dalla legge, queste tipologie si rivelano il più delle volte poco efficienti e pericolosi per la salute.
E’ buona abitudine invece rivolgersi sempre a rivenditori seri e riconosciuti che, sicuramente, sapranno consigliare la tipologia di pellet più efficiente, al giusto rapporto qualità/prezzo.
Fonte: daripa