Payback e dispotivi medici, di che si tratta?
l payback è un meccanismo che ha lo scopo di fronteggiare l’aumento di spesa sanitaria pubblica, quando le regioni superano i tetti di spesa sanitari preventivati di anno in anno.
Tale meccanismo chiama in causa le imprese che nell’annualità di riferimento hanno commercializzato i dispositivi medici a ripianare lo scostamento dal tetto di spesa stabilito, in concorso con la regione.
Evoluzione normativa
Lo strumento del payback nasce nel 2011, con il d.l. 98/2011 (conv. in L. 111/2011) che all’art. 17 ha stabilito che la spesa dei dispositivi medici sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale dovesse essere fissata entro tetti stabiliti dai decreti ministeriali di anno in anno (soglie percentuali aumentate di anno in anno).
La stessa norma ha stabilito inoltre che in caso di sforamento dei tetti stabiliti, gli eventuali ripiani avrebbero dovuto essere a carico delle regioni che avessero concorso allo sforamento.
Solo successivamente, l’art. 9-ter del d.l. 78/2015 (conv. in L. 125/2015) ha previsto che una parte dello sforamento del tetto per l’acquisto dei dispositivi medici venisse posto a carico delle aziende fornitrici, introducendo così il c.d. payback.
Il comma 9 dell’art. 9-ter del d.l. 78/2015 specifica che “ciascuna azienda fornitrice concorre alle predette quote di ripiano in misura pari all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa per l’acquisito di dispositivi medici a carico del Servizio sanitario regionale”.
La norma individua delle soglie percentuali di quanto posto a carico delle aziende fornitrici: 40% per l’anno 2015, 45% per il 2016 e 50% a partire dal 2017 in poi.
Quanto alle modalità di compartecipazione di ciascuna azienda e di riparto delle somme, l’art. 9 rinvia a delle Linee guida del Ministero la relativa definizione.
Il comma 557 della Legge di Bilancio 2019 ha poi precisato che la definizione del superamento del tetto di spesa viene certificato con un decreto del Ministero della Salute che, di concerto con il MEF, entro il 30 settembre di ogni anno certifica, in via provvisoria e poi in via definitiva, gli scostamenti.
Il d.l. 115/2022 (decreto Aiuti bis) conv. in L. 142/2022
L’art. 9-ter è rimasto a lungo inattuato fino al 2022.
L’art. 18 del decreto aiuti-bis ha infatti modificato in parte l’art. 9-ter del d.l. 78/2015, dando una forte accelerata per l’attuazione del sistema del payback.
La norma introduce il comma 9-bis, specificando che per le annualità 2015, 2016, 2017 e 2018, il Ministero della Salute, di concerto con il MEF, debba adottare entro il 30 settembre 2022 un decreto che certifica il superamento del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici.
Con il decreto del Ministero della Salute del 6.7.2022, pubblicato in G.U. 15.9.2022 sono così state certificate le annualità 2015, 2016, 2017 e 2018.
Nell’ottica di accelerare il meccanismo, il citato decreto prevede che entro il 15 ottobre il Ministero, d’intesa con la Conferenza stato regioni, adotta delle linee guida per la redazione delle richieste di riappiano alle aziende produttrici di dispositivi medici.
Con il decreto del Ministero della Salute del 6 ottobre 2022, pubblicato in G.U. il 26.10.2022 sono state adottate le Linee Guida propedeutiche all’emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali in tema di ripiano del superamento del tetto dei dispositivi medici per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018
Entro 90 giorni dal decreto del 15 settembre, cioè entro 15 dicembre, infatti, le regioni devono dottare i provvedimenti con i quali quantificano le somme che ciascuna azienda produttrice è tenuta a restituire.
È importante precisare che ogni azienda fornitrice concorre all’obbligo di restituzione in proporzione all’incidenza del fatturato per ogni anno (2015, 2016, 2017 e 2018) sul totale di spesa regionale.
Le Linee-guida appena pubblicate, infatti, specificano o che ogni singola amministrazione sanitaria deve eseguire una ricognizione delle fatture d’acquisto della voce “BA0120-Dispositivi Medici” per ogni azienda fornitrice.
Tali fatture vengono poi sommate per calcolare il fatturato annuo di ogni fornitore “al lordo dell’IVA”.
I dati così calcolati sono poi trasmessi alle regioni, che dovranno procedere alla sommatoria del fatturato annuo di vendita dei dispositivi medici per ogni fornitrice pervenuto dalle singole amministrazioni sanitarie, per determinarne poi la percentuale d’incidenza del fatturato aziendale sul fatturato sanitario complessivo regionale.
Tale operazione, come anticipato, dovrà essere effettuata entro il 15 dicembre 2022.
I pagamenti dovranno avvenire entro 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento regionale.
Decorsi inutilmente i 30 giorni per effettuare il pagamento, la norma dispone che i debiti per gli acquisti detenuti dalle regioni o dagli altri enti del SSN vengono posti in compensazione con i crediti che le singole imprese hanno maturato.
È importante segnalare che la norma precisa che dopo l’adozione dei decreti di ripartizioni, le regioni sono tenute ad iscrivere il credito quantificato in bilancio del settore sanitario 2022.
Tale precisazione rende evidente che tale meccanismo dovrà essere attuato entro la fine dell’anno.
Gli effetti sulle imprese
Il payback genera incertezza per le imprese che sono tenute ad accantonare delle risorse per far fronte alle ingenti somme che potrebbero essere richieste dalle regioni.
Della legittimità del predetto sistema si discute molto. Diversi interpreti ed operatori hanno giustamente osservato che a differenza dei farmaci – per i quali esiste un sistema analogo e oggetto di costante contenzioso – i dispositivi medici sono soggetti ad una gara ad evidenza pubblica, per l’espletamento della quale viene fissato dalla committente una base d’asta, ossia un tetto di spesa preventivato. Tale sistema, dunque, finirebbe per addossare una responsabilità in capo agli operatori, pur non essendo stati gli stessi a contribuire allo sforamento.
Ma le criticità sono anche altre.
Analizzando i dati, le regioni che hanno sforato i tetti di spesa sono generalmente le regioni in cui il sistema sanitario nazionale pubblico è più presente e più efficiente (così, ad esempio, la Toscana, ma anche il Veneto e la Puglia).
Le soluzioni tuttavia non mancano.
L’operatore che ritiene di essere colpito da tale sistema deve prontamente attivarsi.
Può essere infatti presentato un ricorso al TAR avverso i provvedimenti adottati dalle regioni con cui viene quantificata la somma che ogni singola azienda è tenuta a restituire, entro 60 giorni dalla loro adozione.
Fonte: legal-team