Papa Francesco dichiara guerra alle messe in latino: d’ora in poi solo se autorizzate dal Vaticano
Il temuto giro di vite sulle messe in latino, già abbondantemente ridotte, controllate e sottoposte alle valutazioni dei singoli vescovi, è arrivato
Tanto tuonò che piovve: il temuto giro di vite sulle messe in latino, già abbondantemente ridotte, controllate e sottoposte alle valutazioni dei singoli vescovi, è arrivato.
E suona come una misura definitiva orientata a spazzare via per sempre i tradizionalisti dalla faccia della Chiesa, o almeno a renderli innocui e tollerati come una qualsiasi bocciofila.
Dopo il Motu Proprio Traditionis Custodes con il quale Papa Francesco aveva cancellato gran parte del lavoro di ricucitura fatto dal predecessore Ratzinger nel tentativo di sanare col tempo la ferita dello scisma lefebrviano, stamattina Bergoglio ha annunciato il passo successivo attraverso un Rescriptum ex audientia, un atto legislativo vincolante firmato dal Prefetto cardinale Arthur Roche con il quale entra a normare in modo restrittivo l’arcipelago dei tradizionalisti.
La concessione di celebrare in latino, secondo il messale romano del 1962, diventa obbligatoria per tutti i nuovi preti appena consacrati.
«Qualora un Vescovo diocesano avesse concesso dispense nelle fattispecie sopra menzionate è obbligato ad informare il Dicastero per il Culto Divino che valuterà i singoli casi. Inoltre, il Santo Padre, conferma – avendo già manifestato il suo assenso nell’udienza del 18 novembre 2021 – quanto stabilito nei Responsa ad dubia con le annesse Note esplicative del 4 dicembre 2021».
Vale a dire che ogni concessione vaticana verrà comunicata in modo obbligatorio dal dicastero che la potrà autorizzare o meno, in modo da avere il controllo definitivo in tutta la Chiesa del mondo, sulle attività dei tradizionalisti.
E’ il colpo di mannaia temuto da quella parte di sacerdoti e vescovi contrari a tante aperture e novità liturgiche.
BRACCIO DI FERRO
Le messe in latino e con il sacerdote rivolto verso l’altare non si potranno più celebrare nelle chiese parrocchiali se non dietro il placet vaticano.
La motivazione alla base di questa ulteriore limitazione è per evitare un uso distorto, una strumentalizzazione:
«E’ una situazione che mi addolora e mi preoccupa», scriveva il Papa in una lettera indirizzata ai vescovi del mondo due anni fa, sottolineando che «l’intento pastorale dei miei Predecessori proteso al desiderio dell’unità è stato spesso gravemente disatteso».
Papa Francesco, nella lettera ai vescovi sottolineava anche «un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la ‘vera Chiesa’ ».
STORIA
Benedetto XVI, per andare incontro ai lefebvriani e agli altri tradizionalisti, aveva liberalizzato con il motu proprio Summorum pontificum (2007) il messale preconciliare.
A distanza di 14 anni papa Francesco abrogava quella svolta e tornava a ribadire, con il motu proprio Traditionis Custodes che «i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano».
Oggi l’ulteriore passo in avanti per tagliare ancora un po’ l’erba sotto i piedi dei tradizionalisti.
Fonte: ilmessaggero