Decreto su origine del grano in etichetta della pasta, il TAR Lazio e le regole UE
Il TAR Lazio, con sentenza 25 gennaio 2023, asserisce la legittimità del decreto interministeriale che ha introdotto in Italia l’indicazione obbligatoria dell’origine del grano in etichetta della pasta.
La criptica pronuncia dei giudici amministrativi di Roma sembra tuttavia ignorare la disapplicazione sostanziale del diritto UE da parte dei governi che si sono succeduti. Un breve approfondimento. (1)
1) Decreto su origine del grano in etichetta nella pasta
Il DM 26.7.17 ha introdotto l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano e il Paese di origine della relativa semola, sulle etichette della pasta prodotta e venduta in Italia, attraverso le diciture:
‘a) «Paese di coltivazione del grano»: nome del Paese nel quale è stato coltivato il grano duro;
b) «Paese di molitura»: nome del Paese nel quale è stata ottenuta la semola di grano duro’ (articolo 2).
Basta però miscelare grani da vari Paesi per riferire il grano a una ‘origine Pianeta Terra’ («UE», «non UE», «UE e non UE»).
Con la facoltà di indicare un Paese – es. ‘Italia e altri Paesi UE e non UE’ – quando almeno il 50% del grano duro sia stato coltivato in quel Paese (art. 3. V. note 2,3).
2) Norme nazionali e diritto UE
Le norme tecniche nazionali su produzione e vendita delle merci devono venire sempre notificate alla Commissione europea prima della loro messa a punto definitiva, sulla base di:
- direttiva 2015/1535/UE (Technical Regulations Information System), ovvero
- regolamento UE 1169/11 (Food Information Regulation), quando esse ambiscano a introdurre requisiti di etichettatura (art. 45).
2.1) Norme nazionali sull’etichettatura di origine, le regole UE
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 1 dicembre 2020, ha chiarito che gli Stati membri possono adottare ‘disposizioni che prevedono ulteriori indicazioni obbligatorie d’origine o di provenienza. Sempre che queste ultime rispettino le condizioni elencate nel regolamento n. 1169/2011’. Vale a dire che:
- gli obblighi devono venire giustificati da uno o più motivi (protezione della salute pubblica, protezione dei consumatori, prevenzione delle frodi, protezione dei diritti di proprietà industriale, delle indicazioni di provenienza e delle denominazioni d’origine controllata, repressione della concorrenza sleale),
- gli Stati membri devono dimostrare l’esistenza di un nesso tra talune qualità degli alimenti di cui trattasi e la loro origine o provenienza. Nonché il valore significativo attribuito dalla maggior parte dei consumatori alla disponibilità di tali informazioni. (5)
2.2) Notifica a Bruxelles e standstill period
In tutti i casi anzidetti, a seguito della notifica a Bruxelles, lo Stato membro deve sospendere l’applicazione della norma per un periodo minimo di tre mesi (standstill period), in attesa di osservazioni e commenti della Commissione europea e degli Stati membri.
In difetto di notifica – come pure in caso di mancato rispetto del dovere di sospensione – la norma nazionale è illegittima e deve venire disapplicata ex officio.
Altrettanto dicasi nel caso di mancato rispetto del periodo di sospensione dell’iter legis previsto dalle regole UE sopra citate (EUCJ, sentenza Unilever Italia, causa C-443/98, punti 39-44).
2.3) Decreto origine grano nella pasta, quale notifica a Bruxelles?
Il decreto sull’etichettatura di origine del grano nella pasta, secondo quanto riferisce il TAR Lazio, sarebbe stato notificato alla Commissione europea dal governo italiano l’8 settembre 2017, ‘ovvero con largo anticipo rispetto alla data fissata per l’entrata in vigore del decreto medesimo (febbraio 2018), senza che sia stato mosso alcun rilievo nel merito di segno negativo.’ (1)
2.4) I vizi di notifica della norma nazionale
La notifica a Bruxelles del ‘decreto origine grano nella pasta’ – a differenza di quanto teorizzato da TAR Lazio – non è in ogni caso conforme alle regole UE sopra richiamate. (5) Sotto diversi aspetti:
– anzitutto, la notifica sarebbe stata eseguita in data successiva all’adozione del decreto (26 luglio 2017), anziché come doveroso nella sua fase preparatoria,
– in secondo luogo non è dato sapere se la notifica sia stata indirizzata ai 27 Stati membri, oltreché alla Commissione europea (come prescritto dal reg. UE 1169/11, articolo 45.1). Dovendosi escludere che il governo italiano abbia eseguito una notifica ai sensi della dir. UE 2015/1535, di cui non esiste traccia nel sistema TRIS),
– in terzo luogo, non si ha notizia della dimostrazione che il governo italiano avrebbe dovuto fornire, in occasione della notifica, circa ‘un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza’ (reg. UE 1169/11, articolo 39.2). E ancora
– il TAR Lazio ha ignorato la circostanza che il DM 26.7.17 abbia perso efficacia a decorrere dall’1 giugno 2018 (data di entrata in vigore del reg. UE 2018/775, c.d. Origine Pianeta Terra).
2.5) Origine, i decreti scaduti
I quattro decreti ministeriali recanti prescrizione obbligatoria d’origine della materia prima su latticini, pasta di frumento, riso e conserve di pomodoro erano stati presentati come ‘sperimentali’, con efficacia temporale limitata all’1 giugno 2018.
Gli allora primo ministro e ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Gentiloni e Carlo Calenda, con decreto 9 maggio 2018, ricorsero a uno stratagemma incostituzionale – modifica delle preleggi con un decreto ministeriale (6) – per resuscitare i decreti stessi.
Le successive proroghe dei citati decreti, inapplicabili ab origine per vizi di notifica e disapplicazione degli standstill period (con eccezione di quello sulla provenienza del latte) sono di conseguenza illegittime e prive di efficacia (v. note 8,9,10,11,12).
3) Commissione europea, il convitato di pietra
La Commissione europea ha del tutto ignorato i quattro decreti italiani sull’indicazione obbligatoria dell’origine di grano e semola nella pasta, risone nel riso, pomodoro nelle conserve.
Si è viceversa attivata nei soli casi delle norme italiche relative a:
– indicazione in etichetta della sede dello stabilimento (d.lgs. 145/17. V. nota 13),
– ‘decreto semplificazioni’, nella parte in cui si teorizzava delega al governo per nuovi obblighi di indicazione d’origine delle materie prime in etichetta (D.L. 135/2018, convertito in legge 12/2019, art. 3 bis. V. nota 14).
3.1) Messa in mora della Commissione, ricorso all’Ombudsman europeo
Chi scrive mise in mora la Commissione europea, affinché essa esercitasse il proprio dovere di garante del Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea.
Avviando una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per l’adozione di una serie di norme nazionali contrarie al diritto UE.
Quali sono infatti i decreti origine pasta, riso e pomodoro ma anche quello sulla sede dello stabilimento e la ‘scadenza forzata ex lege’ del latte fresco (v. note 15,16).
L’inedia della Commissione europea è peraltro proseguita, così da indurre lo scrivente a una segnalazione all’Ombudsman europeo. (17)
Ma il mediatore di Strasburgo a sua volta, con lettera 20.2.20, ha affermato l’arbitrarietà – in capo alla Commissione europea – di decidere se e quando intervenire nei confronti degli Stati che violino le regole UE. Con buona pace, tra l’altro, del principio di libera circolazione delle merci (TFEU 34,36). (18)
4) Conclusioni provvisorie
Si assiste, ancora una volta, all’abiura del diritto europeo sulle cui basi si fonda ogni normativa che incida sulla produzione e la libera circolazione delle merci nel mercato interno.
Con grave pregiudizio alla concorrenza tra gli operatori dei 27 Stati membri, che non si risolve nelle due righe di circostanza del TAR Lazio.
E l’ennesima beffa dei giudici amministrativi di Roma che paiono ispirati ai dettami politici di Coldiretti e altre rappresentanze di settore anziché alle fonti di diritto di rango sovracostituzionale. (19)
(Tutte le note sono riportate nell’articolo originale)
Dario Dongo
Fonte: gift