Come la guerra
ha reso indispensabili
gli idrocarburi della Norvegia
Già da decenni principale produttore di idrocarburi dell’Europa occidentale, la Norvegia ha assunto un ruolo cruciale per la sicurezza energetica del continente a seguito della crisi in Ucraina.
La nazione scandinava ha infatti contribuito notevolmente alla diversificazione delle forniture di gas naturale per l’Unione Europea (UE) una volta venute a mancare quelle dalla Russia tra sanzioni, chiusura dei gasdotti e tagli agli approvvigionamenti.
Pur non potendo eguagliare l’ammontare annuo complessivo di idrocarburi provenienti dalla Federazione Russa, la Norvegia ha visto crescere a quasi 90 miliardi di metri cubi le stime per il 2022 relative alle esportazioni di gas verso l’Unione Europea, coprendo il 25% circa del fabbisogno totale degli Stati membri.
L’aumento dei costi del gas ha inoltre permesso a Oslo di registrare proventi senza precedenti, destinati al già ricchissimo fondo sovrano nazionale, il più ampio al mondo con oltre 1.140 miliardi di euro.
La Norvegia trae vantaggio
dalla crisi energetica
Nel solo mese di agosto, le esportazioni di gas naturale hanno fruttato circa 17 miliardi di euro, un valore superiore del 37% rispetto al mese precedente e addirittura del 360% su base annua.
Il valore del gas naturale venduto all’Europa è quindi sostanzialmente “esploso” nel 2022, permettendo alla Norvegia di trarre un vantaggio inaspettato dalla crisi energetica scatenata dall’invasione russa.
Si tratta di una posizione controversa, in cui il governo di Oslo si è di fatto ritrovato senza avere modo di invertire la tendenza: una congiuntura indubbiamente favorevole a livello finanziario, ma anche fonte di imbarazzo nei rapporti con i partner europei.
Norvegia e Mercato Unico Europeo
Membro della NATO, profondamente legata per ragioni geografiche agli altri Paesi della Scandinavia e integrata perfettamente nel Mercato unico europeo, la Norvegia si trova nei fatti ad essere l’unica nazione del continente a trarre vantaggio dalla crisi energetica, mentre le altre ne soffrono le conseguenze in maniera drammatica.
Nelle ultime settimane sono arrivati segnali di nervosismo da parte delle cancellerie europee, a cominciare dai vicini nordici, preoccupati già a fine agosto dai piani di Oslo di tagliare le forniture di energia elettrica a Danimarca, Svezia e Finlandia per soddisfare le esigenze della propria rete.
La Norvegia vuole essere considerata un partner affidabile per la sicurezza energetica dell’Unione Europea, ma in tale prospettiva le viene richiesta una maggiore flessibilità e disponibilità nel venire incontro alle esigenze degli Stati membri, alle prese con una delle peggiori crisi dal dopoguerra ad oggi.
Primo Ministro Jonas Gahr Støre
Il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre ha di recente avuto diversi confronti diretti con le autorità di Bruxelles, in particolare con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Tema principale della discussione è stato il tetto massimo al prezzo del gas, su cui l’UE fatica a trovare una quadratura e che riguarda non solo la Russia, ma anche altri produttori, in particolare la Norvegia.
Støre ha aperto a un confronto su nuovi accordi di lungo periodo per sostenere i Paesi europei in questa congiuntura, pur cercando di non esporre Oslo a situazioni che potrebbero risultare svantaggiose o che vadano contro gli interessi nazionali.
A seguito degli incidenti avvenuti a fine settembre ai due gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico, è tornata però alla ribalta anche la questione della sicurezza delle infrastrutture energetiche, che mai come in questa fase coinvolge la Norvegia e i suoi impianti offshore, così come le condotte che dal Mare del Nord portano gli idrocarburi verso il resto d’Europa.
La protezione degli impianti strategici risulta cruciale per tutti i clienti interessati dalle forniture norvegesi, motivo per cui il governo di Oslo, dopo aver dispiegato l’esercito in numerosi siti sul territorio nazionale, ha accettato la collaborazione con Regno Unito, Germania e Francia per il monitoraggio delle infrastrutture critiche, con pattugliamenti via mare e via aerea.
Di recente si è inoltre aggiunto il gasdotto Baltic Pipe, che dalla Norvegia porta il metano alla Danimarca e alla Polonia, come elemento di diversificazione degli approvvigionamenti europei e di conseguenza ulteriore “arteria” del sistema energetico continentale da tutelare contro potenziali minacce esterne.
Sostenere
la richiesta di produzione di energia
e sostenere
i programmi di transizione ecologica
L’esecutivo di centrosinistra guidato da Støre, costituito dopo le elezioni politiche del settembre 2021, è investito dunque del delicato compito di sostenere la richiesta di produzione di energia destinata all’Unione Europea e combinare al contempo tale missione con i programmi di transizione ecologica già avviati a livello nazionale.
La campagna elettorale del 2021 aveva visto i temi ambientali in primo piano, con i potenziali membri della coalizione di sinistra, i Verdi e il Partito rosso, che chiedevano di sospendere l’estrazione di petrolio, avviare una generale dismissione dell’industria degli idrocarburi e vietare nuove esplorazioni.
Il governo di minoranza, che vede insieme il Partito labourista e il Partito di centro, si è formato proprio in risposta a queste istanze “radicali”: da vincitore delle elezioni, Støre ha preferito avviare il dialogo con i centristi, pur proseguendo con una ambiziosa piattaforma programmatica in materia di rinnovabili.
Il governo ha così avuto mano libera sul piano delle politiche energetiche in ambito fossile, una decisione che a distanza di circa un anno ha portato alla situazione attuale, con la Norvegia primo fornitore di gas dell’Unione Europea.
A conferma dell’impegno preso nei confronti di Bruxelles e degli Stati membri, nel corso dell’estate l’esecutivo di Oslo ha ribadito ai partner europei la volontà di mantenere fino al 2030 la produzione di gas al livello attuale, un’apertura importante e che mette in chiaro le priorità delle autorità norvegesi nel medio periodo.
FONTE: treccani