L’ORA X
Si avvicina l’ora X delle elezioni e va in scena una grande bagarre mediatica sull’opportunità di andare a votare o meno e su quale potrebbe essere la scelta migliore o la meno peggio.
COME CI SIAMO ARRIVATI
Vorrei condividere alcune considerazioni di fondo in merito al modo in cui è largamente percepito il momento del voto. Dagli anni ottanta in poi il voto è sempre più considerato, in modo completamente errato, come l’unico atto che il cittadino compie per contribuire o modificare il modo in cui funziona la Società. Il voto e il pagamento delle tasse (quest’ultimo peraltro obbligato) sono le uniche forme di contributo attivo che i cittadini danno alla società. Per il resto sono spettatori passivi di ciò che accade nei “palazzi” e al limite si permettono di commentare o brontolare auspicando bombe e rivoluzioni, che però dovrebbero sempre essere organizzate e condotte “da qualcuno”. Questo tipo di condotta è figlia di decenni di indottrinamento televisivo che insegna agli spettatori che possono influire sulla carriera dei concorrenti o sulla sorte dei personaggi semplicemente stando seduti sul divano e pigiando tasti sul telecomando.
QUELLI CHE DICONO SEMPRE NO
Chi invece ha una storia di lotta e partecipazione politica, chi ha fatto un percorso di ricerca e crescita, ha la chiara percezione che il voto è solo un tassello di un mosaico complesso di cui tutti fanno parte e sa che non si può pensare che un manipolo di persone siano in grado di comporre questo puzzle senza il contributo di ciascuno.
Oggi molti personaggi di grande caratura intellettuale e morale suggeriscono che il rifiuto in massa del voto potrebbe rappresentare una svolta decisiva per delegittimare e rottamare questo Sistema autoreferenziale ed eterodiretto, ma a mio avviso partono da alcune premesse errate e giungono ad altrettanto errate conclusioni.
TANTO NON CAMBIA MAI NULLA
Spesso si sente dire che non serve votare perchè tanto sono tutti uguali o che nascono diversi poi diventano uguali. Queste cose le sento dire da decenni per giustificare la mancata partecipazione alle lotte per esempio contro le grandi opere che infestano l’Italia dall’era del boom economico (boom del cemento) in poi. Si sa che l’esito delle lotte civili è solo una questione di numeri e di determinazione e i milioni di cittadini passivi che, scontenti di come vanno le cose, non alzano il culo dal divano dicendo che “tanto non cambia nulla” sono la causa principale se non unica del come vanno le cose.
DELEGITTIMARE IL PARLAMENTO
Altri sostengono che se per esempio avessimo un parlamento eletto da un venti o trenta per cento degli aventi diritto tale parlamento e di conseguenza il governo da esso formato non avrebbe legittimazione per operare in quanto sarebbe rappresentanza di una minoranza della Nazione. A queste persone vorrei far notare che da decenni ormai i governi hanno fatto e disfatto coalizioni, sono caduti e si sono riformati in completa autonomia (e talvolta i palese contrasto) rispetto all’espressione di voto che ne ha legittimato l’esistenza. Negli ultimi tre anni abbiamo assistito a un parlamento che già schiavo di ricatti meschini è stato preso a pesci in faccia da una persona che ha deciso da solo della sorte di milioni di cittadini e di un altro personaggio che ha tenuto in mano un potere e una responsabilità enormi pur essendo espressione di un partito che aveva meno voti di ammiocuggino.
IL PARLAMENTO NON ESISTE
Da queste considerazioni traggo una conclusione: non c’è alcuna possibilità che questi personaggi si sentano delegittimati dai numeri dei votanti in quanto essi sanno già di non dover rispondere ai cittadini ma ad altri “sponsor” e quindi se fossero anche votati da dieci persone andrebbero comunque ad occupare le poltrone in modo da poter poi gestire e condizionare anche l’eventuale “processo di cambiamento”.
IL VOTO E’ UN PASSO
In conclusione penso che il momento del voto sia e resti solo uno degli impegni che un cittadino è chiamato a svolgere e che fino al giorno prima e a partire dal giorno dopo il voto ogni cittadino deve restare focalizzato sul buon funzionamento della sua società anzichè sprecare tempo ed energie giudicando le starlette televisive o gli schemi tecnici della propria squadra di calcio.
“la democrazia è partecipazione” e tale partecipazione deve essere attiva, costante e non delegata a scatola chiusa. Chi non capisce questo concetto non esprime il diritto di voto, ma vota per togliersi dai piedi le responsabilità che derivano dal suo essere cittadino.
E.N.