La relazione del Massimario della Cassazione per orientare i giudici sulle cause Covid: «Effetti avversi rari e brevi». Eppure, decessi e danneggiati erano già ampiamente presenti nella farmacovigilanza internazionale. Ma non se n’è tenuto conto per giustificare la costituzionalità dell’obbligo vaccinale. E così sono proliferate le archiviazioni.
Anche sul secondo pilastro della vaccinologia, quello della sicurezza, la relazione del Massimario della Corte di Cassazione del 28 ottobre 2021, evidenzia la volontà di negare del tutto la presenza di effetti avversi significativi. Eppure, già alla fine della somministrazione della terza dose erano emerse le prime indicazioni di danneggiati anche gravi. Ovviamente non a livello di opinione pubblica, dominata da un mainstream ossessivo e unidirezionale pro vaccinista, ma a livello scientifico e regolamentatorio.
Qualcosa stava già emergendo, ma i giudici del Massimario nella loro relazione hanno scelto di affidarsi soltanto all’ultimo report di Aifa disponibile allora, quello del 22 ottobre 2021. Una fonte insufficiente e non solo per quello che è emerso successivamente con l’inchiesta di Fuori dal Coro sugli Aifa leaks, dove le inquietanti omissioni sulle reazioni avverse sono oggetto ora del procedimento che pende in Tribunale a Roma e al Tribunale dei ministri per l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, ma anche per tutta la mole di segnalazioni e di letteratura scientifica a disposizione oggi.
«EVENTI AVVERSI LIEVI»
A pagina 13 della relazione, i giudici Maria Acierno e Antonietta Scripa scrivono: «È scientificamente provato e riconosciuto che i vaccini costituiscono una delle misure preventive più efficaci con un rapporto rischi/benefici particolarmente elevato ed un valore etico intrinseco assai rilevante in quanto espressione del dovere di solidarietà». E in quella successiva, nel tentativo di giustificare il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione indicano in premessa che «secondo la Costituzione un trattamento sanitario obbligatorio è conforme all’articolo 32 ove sia teso a migliorare o preservare lo stato di salute del soggetto a cui è diretto e non incida negativamente sulla salute del destinatario».
Fate attenzione all’ultima frase: «Non incida negativamente sulla salute del destinatario». É questa una delle condizioni, oltre all’efficacia per la collettività, di cui abbiamo parlato nel primo articolo, per poter ottenere il via libera della Costituzione all’imposizione vaccinale. Pertanto, diventa indispensabile, se l’obiettivo è giustificare l’obbligo che è stato fatto dell’inoculo – diretto per certe categorie, indiretto col Green pass e poi diretto mascherato già gennaio 2022 col Super Green pass – negare o minimizzare il più possibile tutti gli eventi avversi.
Così la relazione inviata ai giudici per condizionarli sulle future cause che si sarebbero trovati a discutere, non si basa né su precedenti giurisprudenziali allora assenti, né su ciò che stava emergendo a livello scientifico, ma riporta: «Nella normalità dei casi chi vi sottopone (al vaccino ndr) sopporta al massimo conseguenze lievi e temporanee trascurabili anche a fronte dei benefici immunitari e dei gravi rischi che altrimenti potrebbero insorgere». Affermazione di cui conosciamo ora con certezza la falsità e che all’epoca conoscevano gli addetti ai lavori.
UNA NORMALITA’ EUGENETICA
La “normalità” è una parola grigia, che ha un valore rispetto ad un punto di origine, dunque è opinabile: se per normalità si intende la maggioranza della popolazione vaccinata, allora, il ragionamento potrebbe anche filare, ma bisognerebbe spiegare poi a quei pochi, ma in numeri assoluti tantissimi danneggiati, che il loro sacrificio è stato necessario per salvaguardare la collettività, cioè gli altri. Una mentalità eugenetica, infatti, sta alla base di una errata e strumentale interpretazione del concetto di salute collettiva e dell’errata considerazione del rapporto rischi/benefici che non può mai essere collettivo, ma personale dato che si deve misurare sul rischio di ognuno di contrarre il virus e finire all’ospedale fino al decesso rispetto ai benefici che avrebbe se si vaccinasse.
Se invece per normalità si intende lo standard dei vaccini in commercio fino ad ora, allora l’emergere di reazioni avverse in così gran quantità già all’epoca, avrebbe dovuto accendere un campanello d’allarme a dei giudici che pure dicevano di basarsi su un consensus generale della comunità scientifica.
DATI AIFA INSUFFICIENTI
Così si arriva a pagina 18: «In merito alla sicurezza, il monitoraggio effettuato dall’Aifa attraverso il sistema di farmacovigilanza che raccoglie e valuta tutte le segnalazioni di eventi avversi evidenzia un bilanciamento rischi/benefici assolutamente accettabile in quanto i danni conseguenti alla somministrazione del vaccino per Sars Cov 2 devono ritenersi, considerata l’estrema rarità del verificarsi di eventi rari e correlabili, rispondenti ad un criterio di normalità statistica con una incidenza delle reazioni negative di breve periodo molto bassa e appena di poco superiore a quelle conosciute da anni per i vaccini ordinari». Quest’ultima frase poteva essere una spia per approfondire il problema: se le reazioni avverse c’erano già, seppure di poco superiori a quelle conosciute per gli altri vaccini (ad esempio quelli antinfluenzali), perché allora non approfondire la questione e andare a cercare quelle fonti scientifiche che già a ottobre 2021 stavano monitorando un aumento impressionante, e non di poco conto, di reazioni contrarie?
Invece il Massimario non guarda a questa problematica e conclude che «il rapporto rischi/benefici sembrerebbe pendere a favore dei secondi e che pertanto un eventuale obbligo di vaccinazione anti covid previsto mediante legge statale potrebbe superare con un elevato grado di probabilità il vaglio di costituzionalità». A questo punto, e con il parere pesante della Corte Suprema, quale giudice si sarebbe avventurato nella pericolosa risalita di un fiume tempestoso come quello dei danneggiati da vaccino. Eppure, si tratta di una realtà sotto gli occhi di tutti, che si è costituita in un apposito Comitato e che si batte per farsi ascoltare.
I DANNEGGIATI C’ERANO GIA’
Tanto più che già all’epoca stavano emergendo le testimonianze dei primi danneggiati usciti allo scoperto (la Bussola è stata la prima a intervistarli), in una sequenza impressionante di sintomi e condizioni da far interrogare chiunque.
Ma anche volendo ignorare le testimonianze dirette dei danneggiati, si poteva almeno dare un occhio a quello che le agenzie di farmacovigilanza stavano facendo emergere.
Quella italiana, ad esempio, qualche problema lo stava già rilevando, anche se come abbiamo visto dall’inchiesta di Fuori dal Coro, abbondantemente sottostimato e omesso. Già nel nono rapporto di sorveglianza del settembre 2021, un mese prima della redazione della relazione della Suprema, Aifa riportava la segnalazione di 608 decessi post vaccinazione (vale a dire 67 decessi al mese) mentre le segnalazioni gravi corrispondevano al 14% con un tasso di 17 eventi gravi ogni 100mila dosi somministrate. Dati preoccupanti e non proprio “di poco superiori” agli altri vaccini. Quindi, all’epoca, i decessi correlati erano già emersi e basti dire, per fare un raffronto, che per vaccini diversi, anche un pugno di reazioni fatali avevano comportato un ritiro dal mercato del prodotto. E le patologie, dalle trombosi alle miocarditi fino alle neuropatie erano già emerse, seppure minimizzate.
Ma volendo affidarsi anche alla farmacovigilanza di altri Paesi, per nulla presa in considerazione dai giudici che hanno affrontato la questione della sicurezza solo da una prospettiva italocentrica, i due enti di ricognizione e raccolta di effetti avversi Eudravigilance per l’Europa e Vaers per gli Stati Uniti erano già ampiamenti attivi sul fronte dei danneggiati.
Infine, la parola ai produttori. Volendo accertarsi dalla voce di Big Pharma, ci si sarebbe potuti insospettire, per lo meno. Su ordine della FDA americana, infatti, la Pfizer fu costretta a presentare un report relativo alla farmacovigilanza effettuata dal 1° dicembre 2020 al 28 febbraio 2021. Ebbene: si diceva che «c’è stato un totale di 42mila rapporti di casi contenenti 158mila eventi, di cui 25mila provenivano dall’Italia».
ARCHIVIAZIONI SPRINT
Con dati come questi, poi amplificati a dismisura successivamente, come si poteva affermare con certezza dogmatica che la sicurezza non costituiva un problema? Quanti giudici si sono fidati di questo report ufficiale e autorevole della Corte di Cassazione per respingere alla velocità della luce le cause dei tanti danneggiati che chiedevano giustizia dopo essere stati obbligati a vaccinarsi?
Solo a titolo di esempio, per mostrare che le sentenze dei giudici sono state costruite utilizzando lo stesso schema recepito dal Massimario. Prendiamo ad esempio uno dei tanti casi, questo raccontato anche dalla Bussola: la vicenda tragica del giovane Runa Cody e del suo decesso inspiegabile per pericardite. La madre aveva portato in Aula molti documenti che attestavano la presenza di peri-miocarditi già da giugno 2021 proprio fornendo dei documenti Aifa (vedi foto seguente) in cui si dava conto delle prime miocarditi. La risposta del Gip di Civitavecchia fu la seguente: «Al momento della somministrazione ed anche attualmente, la letteratura scientifica in materia era estremamente scarsa o assente». Assente, appunto. Proprio come da Massimario Covid. Eppure, sarebbe bastato cercare.
Fonte: La nuova BQ
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