contro il traffico di armi arriva a Bruxelles
È stata lanciata dal Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova la proposta di istituire una rete per la condivisione di informazioni sulle rotte delle armi, in modo da poter mettere in atto azioni concrete per contrastare un traffico che alimenta i conflitti tramite l’invio di strumenti di guerra.
La proposta, presentata nel corso di un’assemblea presso la sede della Fondazione Rosa Luxemburg, a Bruxelles, è stata avanzata a un giorno di distanza dalla conferenza internazionale contro il transito di armi da porti e aeroporti civili e ha immediatamente raccolto l’adesione di sindacati e attivisti provenienti da vari Paesi europei.
Carlo Tombola, dell’Osservatorio Weapon Watch, ha dichiarato al Fatto Quotidiano che «Le esportazioni di cui parliamo, dirette a Paesi in guerra, a norma di legge sarebbero vietate in Italia come nella maggior parte dei Paesi europei: di fatto, questi traffici sono estremamente remunerativi e vengono portati avanti con disinvoltura e impunità da parte di produttori ed esportatori di armamenti, con scarsi controlli e sostanziale disinteresse da parte delle autorità competenti».
La lotta dei portuali di Genova contro il traffico delle armi nei Paesi in guerra precede di molto lo scoppio della guerra in Ucraina. Nel maggio dello scorso anno alcuni lavoratori del porto ligure avevano scoperto un carico di armi nascosto nella stiva della nave Bahri, battente bandiera dell’Arabia Saudita, destinati, secondo quanto da loro riferito, ad alimentare il conflitto in Yemen.
Alcuni di loro già si trovavano sotto indagine della magistratura, per episodi analoghi avvenuti in precedenza. L’ultima mobilitazione risale allo scorso maggio, in occasione di un nuovo scalo di una nave Bahri carica di armamenti statunitensi. «Non vogliamo essere complici della guerra movimentando armamenti di qualsiasi tipo e qualsiasi destinazione nei nostri scali» avevano dichiarato in quell’occasione i portuali.
[di Valeria Casolaro]
Fonte L’Indipendente
Inter
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