La stessa tecnologia del Green Pass, ossia il Codice Qr, usato per attestare l’avvenuta vaccinazione contro il Covid 19, potrebbe ora essere utilizzata per le prescrizioni mediche elettroniche e per la tessera di vaccinazione dell’Ue, nel quadro dello Spazio europeo dei dati sanitari. È questa l’iniziativa a cui sta lavorando la Commissione europea che dovrebbe presentare a breve i primi progetti pilota per entrambi i casi d’uso. Lo riferisce al portale Eunews, Stefan De Keersmaecker, portavoce della Commissione europea per la salute, comunicando anche che la Commissione non rinnoverà oltre giugno 2023 il regolamento che ha istituito il Green Pass. Secondo De Keersmaecker, quella del “certificato verde” è stata una «storia di successo», da riproporre, dunque, non solo per eventuali prossime pandemie, ma anche e soprattutto per implementare la trasformazione digitale dei dati sanitari, secondo l’agenda di Bruxelles, che non a caso sta facendo pressione per far decollare il progetto del portafoglio europeo di identità digitale. «Il certificato digitale Covid dell’Ue ha facilitato il viaggio libero e sicuro per i cittadini ed è stato fondamentale per sostenere l’industria del turismo europea duramente colpita», ha spiegato De Keersmaecker.
Quella del Green Pass, dunque, può essere considerata come una “sperimentazione” in vista di un metodo di organizzazione e controllo dei dati dei cittadini – attraverso il tracciamento digitale – strutturale e permanente. Del resto, già Mario Draghi – in una conferenza stampa del 2022 – aveva avvertito che la struttura emergenziale non sarebbe stata del tutto smantellata, ma si sarebbe trasformata in struttura ordinaria, come non aveva mancato di far notare fin dall’inizio L’indipendente, tra i primi a parlare del rischio in questione. Le emergenze, infatti, si sono spesso rivelate come l’espediente per introdurre misure diversamente non accettabili dalla popolazione per poi renderle permanenti anche dopo le criticità e modellare così nuovi assetti sociali e nuovi metodi di governo, in questo caso sempre più all’insegna del paradigma usato in alcune zone della Repubblica popolare cinese e per questo identificato come “modello cinese”. Quest’ultimo si caratterizza per una stretta sorveglianza sui cittadini per mezzo degli strumenti digitali e lo stesso Klaus Schwab del World Economic Forum (WEF) non ha mancato di elogiarlo. Non è un caso, dunque, che sia proprio il forum di Davos a propugnare la cosiddetta “transizione digitale” alla quale sono destinati la maggioranza dei fondi del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) della Commissione europea. C’è, dunque, una stretta connessione e comunione d’intenti, tra organizzazioni private come quella di Davos e le istituzioni comunitarie europee.
Tornando a Mario Draghi, l’ex Goldman Sachs e banchiere centrale europeo, aveva detto esplicitamente, con riferimento ad alcune misure introdotte per fronteggiare l’infezione virale, che «Gradualmente questa struttura perde i caratteri di emergenza e acquista quello di ordinarietà». Dunque, potrebbe cambiare solo la forma attraverso cui uno strumento come il “certificato verde” viene richiesto. Sebbene al momento non obbligatorio, infatti, la tessera vaccinale con Qr code potrebbe essere richiesta per accedere ad alcuni servizi, escludendo di fatto chi non la possiede. In questo modo la digitalizzazione della vita e della società, uno dei pilastri del mondo disegnato a Davos, diventerà inevitabile e ogni singolo dato della popolazione sarà registrato e tracciato, fino a ridurre gli stessi cittadini a codici Qr. Si tratta della completa tecnicizzazione del mondo dove l’uomo appare sempre più dipendente dalla tecnica e in balia del controllo dello Stato: non più, dunque, un libero cittadino, ma un “codice” monitorabile. Lo stesso Vittorio Colao, ex ministro della transizione digitale aveva messo in risalto questi aspetti. Aveva, infatti, spiegato che «Il grande tema è l’interoperabilità delle piattaforme digitali abilitanti che è molto importante per ampliare i servizi ma anche per renderne la fruizione semplice attraverso il così detto principio del One’s only, cioè il principio in cui il cittadino una sola volta deve mettere le proprie informazioni dentro il sistema e poi è lo Stato da solo che lo va a cercare e lo vede», aggiungendo anche che proprio «il Green Pass è un grande esempio di interoperabilità, e che tra l’altro adesso sta facendo venire a mente tante altre possibili applicazioni meno drammatiche e meno di emergenza in cui si potrebbe creare un sistema che permette in maniera istantanea di conoscere lo “stato”, il “diritto” di attivazione o di fruizione di un servizio».
A conferma delle anticipazioni di Draghi e Colao arriva, dunque, proprio in questi giorni la notizia che la Commissione UE sta lavorando a una nuova forma di Green Pass permanente che riguarderà sempre l’ambito sanitario, così da accelerare la transazione digitale, dando vita ad un sistema di sorveglianza impercepibile e ineludibile allo stesso tempo, dietro allo stendardo del progresso, dell’efficienza e della comodità. Il Green Pass, dunque, lungi dall’essere una misura sanitaria, è stato il mezzo attraverso cui dare l’impulso alla transizione digitale in vista della nuova società e sanità 4.0, iper-tecnicizzata e irregimentata.
Fonte: L’indipendente on line