Ithaka
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“Ithaka”, il film su Julian Assange snobbato dai grandi festival, verrà proiettato a Roma

Anche il pubblico italiano potrà vedere il film “Ithaka” sulla battaglia per la liberazione di Julian Assange.

Anche se, probabilmente, c’era chi tifava perché non accadesse, tanto che, in una lettera al Fatto, l’attrice italiana Laura Morante – che si batte per la scarcerazione del fondatore di WikiLeaks insieme al comitato “La mia voce per Assange” – ha denunciato le resistenze incontrate nel mondo del cinema contro questo film, premiato, accolto al grande festival del documentario di New York, il DOCNYC, ma non a quelli di Roma e Torino.

“Ithaka”

è la ricostruzione del caso dal punto di vista strettamente privato della moglie Stella e del padre John Shipton e della loro campagna globale.

Proiezione a Roma al Nuovo Cinema Aquila il 13 dicembre, nell’ambito del festival T.E.H.R..

Dopo la denuncia di Laura Morante, sono arrivate altre offerte prestigiose.

Il film documentario è opera del regista Ben Lawrence ed è prodotto dal fratello di Julian Assange, Gabriel Shipton.

Ieri, sulle colonne del Fatto, ha raccontato di averlo fatto “per far conoscere Julian attraverso le persone vicinissime a lui; ce lo hanno portato via.

Lo hanno portato via da tutti, disumanizzato, demonizzato.

Il film è stato un modo per riprendercelo”.

Il documentario mostra scene quotidiane commoventi.

Stella, con i due bambini avuti dal fondatore di WikiLeaks, telefona in carcere al marito, che non ha mai incontrato i due figli in condizioni di libertà.

Isabel Russinova, direttrice di T.E.H.R., ha raccontato al Fatto Quotidiano di essere felice di poter contribuire alla lotta per la liberazione di Assange.

“È un piccolo festival, totalmente indipendente e libero, dove vorrei arrivassero sempre le voci di chi viene zittito, offeso o ammutolito. Per quanto mi riguarda, la mia sensibilità di artista si sente appagata solo attraverso la consapevolezza di ciò che veramente c’è intorno a me e la sensazione di fare qualcosa di utile alla comunità”.

E Tina Marinari di Amnesty International, che supporta Assange, sottolinea al Fatto: “La posta in gioco non solo è la vita e la libertà di un giornalista, ma la vita e la libertà del mondo del giornalismo intero. La battaglia portata avanti dalla società civile oggi è l’ultima arma di difesa rimasta contro il silenzio o l’inazione delle democrazie occidentali. E noi non siamo certo pronti ad arrenderci”

Fonte: ilfattoquotidiano

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