Il grande pericolo dell’Identità digitale: “Sfruttamento dei dati biometrici”
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Un nuovo rapporto del World Economic Forum ammette i rischi dell’ID digitale

Incognite e controllo nell’ID digitale mondiale. Il WEF pensa a possibili soluzioni.

“Forse i maggiori rischi derivanti dall’identificazione digitale sono l’esclusione, l’emarginazione e l’oppressione”, scrive lo studio “Reimagining Digital ID”, pubblicato a giugno dal World Economic Forum che per la prima volta riconosce il pericoli dell’identità digitale voluta da molti Stati. “I dati sensibili, come i dati biometrici, comportano un alto rischio di sfruttamento”, spiega il report, “ciò è particolarmente preoccupante nel caso di comunità emarginate come i rifugiati perché può facilitare il targeting discriminatorio”.

E ancora: “Spesso sono i membri di gruppi storicamente emarginati che affrontano le forme più dure di esclusione”. Tutto questo però a fronte di “circa 850 milioni di persone nel mondo che non hanno ancora un documento d’identità ufficiale, mentre alcuni di coloro che hanno un documento d’identità lottano con la mancanza di controllo sulla privacy e sui dati”.

Una “tecnologia” quindi con punti di forza e punti di debolezza. Ovviamente lo studio non stigmatizza casi specifici di applicazioni improprie di Stati o società anche se cita alcuni esempi di organismi che usano, useranno o stanno già lavorando con l’identità digitale: alcuni governo la applicano per l’esercizio elettorale, così le banche per l’accesso ai servizi, altri settori specifici, lo fanno le piattaforma dei social (Swedish BankID, Gov.UK Verifica, Meta, Google, VCI, in alcune compagnie per il trasporto aereo Internazionale, negli abbonamento di viaggio dell’Associazione IATA di Montreal, l’Identità Digitale-NDI-per Governo del Bhutan Nazionale).

Oggi l’identità digitale ha tendenzialmente applicazioni parziali, ma la tendenza di molti governi è sempre più ampliarne il raggio d’azione, estendendone l’uso e le ricadute su tutta la vita della persona, fino agli averi materiali, il lavoro, il patrimonio economico e la libertà individuale.

“Nei casi in cui vengono raccolti dati sensibili, ci sono anche rischi di emarginazione e oppressione, con l’utilizzo dell’ID per facilitare l’identificazione, la sorveglianza e la persecuzione di individui o gruppi”, spiega il WEF. Lo abbiamo visto di recente con il Covid e quali discriminazioni hanno subito le persone contrarie alle gestioni della pandemia di alcuni governi, escluse dai diritti fondamentali come il lavoro e le cure idonee. Immaginate con un ID onnicomprensivo cosa potrebbero fare gli stessi governi.

Il World Economic Forum continua dicendo che il grosso “di questo rischio deriva dalla collegabilità. Se una parte può collegare i dati tra domini attraverso l’uso di un identificatore comune, allora le persone possono essere tracciate da parti che cercano di sfruttare i loro dati”. Quando parla di “gruppi emarginati”, ovviamente il WEF si riferisce a rifugiati, donne e minoranze razziali sorvolando su una realtà ben più complessa.

Il WEF promuove l’idea di avere ID digitali decentralizzati e non prende in considerazione e ridimensiona il pericolo che l’ID digitale porta con sé, cioè essere l’anticamera di uno Stato autoritario di nuova generazione. L’ID decentralizzato lascerebbe al singolo il potere di decidere con chi condividere i propri dati e le informazioni, non essendoci una memorizzazione unica.

Alla fin fine a cosa dovrebbe servire quindi l’ID digitale, si chiedono gli studiosi. E qui viene il bello. “Mentre le leggi esistenti, le politiche e le pratiche a cui fa riferimento questo rapporto, il paradigma ID contemporaneo,” scrivono, “sono fondamentali per la salvaguardia delle persone e delle istituzioni, esse hanno anche creato inefficienze e rischi, minando la privacy ed escluso circa 850 milioni di persone in tutto il mondo senza alcuna utilizzo di ID ufficiale”. Per il WEF l’esclusione non è dovuta a contesti socio economici specifici e non è neanche possibile che le persone non vogliano essere tracciate. Se non vieni tracciato dallo Stato sei un escluso.

E chiudono: “L’ID decentralizzato è un approccio che ha il potenziale per affrontare alcune delle carenze della società in cui ci muoviamo”. I rischi sono comunque evidenti. A fronte di tutto questo, gli studiosi scrivono che bisognerà vedere gli effetti nella società di massa per rendersi conto di costi e benefici. Come quando fai un salto nel vuoto e dimentichi che a un certo punto c’è anche l’atterraggio.

Fonte: Affaritaliani

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