“Collaborazione col nemico”
Due giornalisti italiani, Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, sono bloccati in Ucraina dal 6 febbraio.
Il Ministero della Difesa ucraino ha sospeso i loro accrediti stampa, regolarmente concessi un anno prima.
L’accusa a tutti loro – mai esplicitata ufficialmente, ma fatta circolare – è “collaborazione col nemico”
Messina (FDI) “La dittatura è sicuramente in Russia, inUcraina non ci sono problemi di libertà di stampa”
Giornalisti italiani bloccati in ucraina
Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, i reporter italiani bloccati a Kiev, privati degli accrediti stampa necessari per poter lavorare e muoversi nelle zone del conflitto: sarebbero accusati di essere collaboratori di Mosca.
Entrambi sono in Ucraina dall’anno scorso per documentare la guerra, sono stati fermati di ritorno da Bakhmut, dove avevano appena girato un reportage per la Rai.
Cronisti freelance, da anni seguono le vicende del Donbass, per settimanali italiani e internazionali, libri e documentari per Rai, La7 e Mediaset.
Il racconto di Sceresini
A raccontare su Facebook la situazione è stato lo stesso Sceresini:
«È successo questo. Dieci giorni fa a me e ad Alfredo Bosco sono stati sospesi gli accrediti militari. Il perché non ci è stato mai comunicato ufficialmente, ma la voce che è girata – in primis nelle chat dei fixer – ci descrive come “collaboratori del nemico”, “spie dei russi” o qualcosa del genere.
Nel giorno del fattaccio queste due “spie” stavano rientrando dal fronte di Bakhmut, dove – nel tentativo di trasmettere in Italia il senso del dramma che sta insanguinando l’Ucraina – avevano trascorso qualche ora simpatica sotto i colpi dell’artiglieria di Putin.
Ma tant’è.
Ci viene comunicato che gli ufficiali dell’Sbu, che sono i servizi di sicurezza, vogliono sottoporci a un interrogatorio.
Non avendo nulla da temere, forniamo tutti i nostri dati e chiediamo di essere convocati il prima possibile.
Solo che nessuno ci chiama.
Restiamo tappati per giorni nel nostro appartamento di Kramatorsk, perché fuori è pieno di soldati e posti di blocco, e se ti beccano con un accredito non più valido rischi l’arresto».
“Colpevoli” di aver raccontato nel 2014 e nel 2015,
ciò che accadeva a Donetsk e Lugansk
Il racconto di Sceresini continua, i due si sono spostati nella capitale dove c’è la sede centrale dell’Sbu, per facilitare il confronto, ma anche lì nessuno li contatta.
Scoprono che un altro collega, Salvatore Garzillo,
«è stato respinto alla frontiera polacca.
Anche lui non gradito.
Lo hanno fatto scendere dal treno e lo hanno rispedito indietro.
E sembra che anche altri reporter italiani si trovino oggi nella nostra stessa situazione.
Scopriamo anche, sempre mentre siamo a Kyiv, che la nostra colpa – e quella di Salvatore, e di tutti gli altri – sarebbe quella di aver raccontato, nel 2014 e nel 2015, ciò che accadeva a Donetsk e Lugansk.
Il che ci renderebbe automaticamente “collaboratori dei russi”».
Sceresini ricorda tutte le situazioni di cui lui e il collega si sono occupati, un elenco che rende paradossali le accuse:
«Chissenefrega se a Donetsk, tra le altre cose, abbiamo indagato sulle miniere clandestine gestite dai leader separatisti, sui volontari fascisti che combattono coi russi, sulla corruzione, sulle faide interne del fronte putiniano.
Chissenefrega se i nostri “amici” separatisti nel 2016 ci hanno persino sbattuto in galera, regalandoci la prima e unica notte dietro le sbarre della nostra vita. Chissenefrega se da un anno seguiamo la guerra da questa parte, spesso a rischio di prenderci un proiettile addosso.
Chissenefrega se a ottobre il sottoscritto è stato in Siberia, fingendosi un turista, per raccontare il malcontento che c’è dall’altra parte.
Perciò, dopo dieci giorni di silenzio solitario e amarissimo, oggi abbiamo deciso di raccontare anche questa storia.
Si dice che la prima vittima di una guerra è la verità.
A volte lo è anche la libertà».
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FONTE: La Stampa
Messina (FDI):
“Farnesina a lavoro,
Kiev democrazia con libertà stampa”
Le parole del vicepresidente vicario di Fratelli d’Italia alla Camera, Manlio Messina:
“La dittatura è sicuramente in Russia, e in Ucraina non ci sono problemi di libertà di stampa, anzi escono tutte le notizie del caso.
Se la ritiene fondata, il Governo ucraino spiegherà quest’azione a quello italiano.”
FONTE: Agi.it