Fringe benefit
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Cosa sono i fringe benefit
e come funziona il
bonus 3000 euro per i dipendenti

Cosa sono i fringe benefit e come si possono ottenere: sono queste le domande che, dopo il Consiglio dei ministri di giovedì, molti italiani si stanno facendo.
Il governo col decreto Aiuti quater, infatti, ha deciso di innalzare da 600 a 3mila euro la soglia dei ‘premi’ (o meglio benefici intesi come compenso accessorio al reddito) esentasse che le imprese possono concedere ai propri dipendenti per fare fronte, ad esempio, al caro bollette.
La premier Giorgia Meloni ha apertamente parlato di una “tredicesima esentasse”.
Alcuni lo chiamano già “bonus da 3000 euro” per i dipendenti.
Ma è davvero così? E come funziona esattamente questo meccanismo?

I fringe benefit

Un’azienda, di solito, disciplina le tipologie di fringe benefit all’interno del contratto individuale.
Questi compensi aggiuntivi, infatti, possono essere concessi anche singolarmente al dipendente.
Tra i benefici accessori più comuni ci sono l’auto aziendale e i buoni acquisti (ad esempio per comprare online o per pagare palestra/piscina).
Anche assistenza sanitaria, polizze assicurative, concessione di prestiti, acquisti di azioni societarie e alloggi che vengono messi a disposizione del dipendente sono fringe benefit.

Cosa cambia

Il governo ha deciso che pure il rimborso delle utenze domestiche (acqua, luce e gas) potrà essere considerato un fringe benefit e ha elevato la soglia di non imponibilità da 600 a 3000 euro dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti fino alla fine del 2024.
Questo si traduce in un vantaggio per il lavoratore che, fino a quella soglia, non ha alcuna tassazione ai fini Irpef.
Inoltre, per il datore di lavoro, si tratta di importi completamente deducibili dal reddito d’impresa.
E attenzione: il fringe benefit deve essere considerato in aggiunta alla retribuzione già concordata dal contratto.
Questo significa che il datore del lavoro non può assolutamente trasformare parte del salario in fringe benefit.

Bonus 3000 euro, pro e contro.
Come chiedere il rimborso delle bollette

Fringe benefit, secondo le stime saranno tra i 2 e i 2,5 i milioni di dipendenti che ne usufruiranno.
Il vantaggio della detassazione significa un guadagno fino a oltre mille euro.

Saranno tra i 2 e i 2,5 milioni i lavoratori dipendenti che realisticamente usufruiranno dei fringe benefit o, come lo hanno definito in molti in queste ore, del “bonus 3.000 euro“.
Un nome improprio, visto che comunque a stabilire l’entità del benefit è esclusivamente il datore di lavoro e che 3mila euro è la soglia entro la quale i benefit accessori sono completamente esentasse.
Secondo la Ragioneria di Stato – che aveva elaborato uno scenario sulla platea dei possibili beneficiari quando il tetto esentasse dei benefit accessori era stato innalzato da 258 a 600 euro – sarà il 17% dei lavoratori (ovvero 3 milioni di persone) a usufruire dello strumento messo a punto dal governo per fare fronte al caro bollette.
Secondo gli analisti, invece, saranno fino a un milione in meno.

I vantaggi

I fringe benefit accordati dalle aziende ai dipendenti sono esentasse fino a 3mila euro.
Questo significa che il lavoratore, se rimane entro quella soglia, non ha alcuna tassazione ai fini Irpef.
Inoltre, per il datore di lavoro, si tratta di importi completamente deducibili dal reddito d’impresa.
Il governo ha imposto che il fringe benefit vada considerato in aggiunta alla retribuzione già concordata dal contratto.
Questo significa che il datore del lavoro non può assolutamente trasformare parte del salario in benefici accessori.
Secondo una simulazione dell’Ipsoa, se l’azienda elargisce 3000 euro in fringe benefit, il lavoratore risparmia 902,50 euro, mentre il datore di lavoro 1.035.

Gli svantaggi

Il principale svantaggio di questo strumento riguarda proprio la platea dei beneficiari.
È il datore di lavoro a scegliere chi può usufruirne e entro quali limiti.
Questo significa che ogni azienda procederà in maniera autonoma e ci saranno realtà dove ai dipendenti saranno accordati 3.000 o più euro (anche se in realtà, secondo le interpretazioni, pare che superando la soglia il datore di lavoro debba assoggettare a tassazione l’importo corrisposto nella sua interezza) da spendere in fringe benefit, imprese dove i benefit saranno meno di 3000 euro e altre società che non daranno nulla ai propri lavoratori.

Come chiedere il rimborso delle bollette

Secondo una circolare dell’Agenzia delle entrate, è necessario che le utenze rimborsabili riguardino immobili a uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese.
In sostanza, si stratta delle bollette che paghiamo a casa nostra o che sono a carico dei nostri familiari (figli, genitori e fratelli germani o unilaterali).
Ai fini del rimborso delle spese di acqua, elettricità e gas il datore di lavoro deve acquisire e conservare, per eventuali controlli, la relativa documentazione fornita dal dipendente per giustificare la somma spesa e la sua inclusione nel limite dei 3.000 euro.
In alternativa, precisa l’Agenzia, il datore di lavoro può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
In ogni caso il lavoratore dovrà conservare la documentazione per l’eventuale successivo controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

FONTE: quotidiano.net

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