disagio giovanile post Covid
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I ragazzi stanno sempre peggio: ricoverati in ospedale anche bimbi di 10 anni

Una delle eredità più pesanti lasciate dal Covid riguarda l’ambito della salute mentale, dove ormai siamo di fronte a situazioni di emergenza costante a cui i servizi e la comunità non erano abituati. Anche in provincia di Cuneo, i Dipartimenti segnalano un incremento delle richieste del 30%: sono triplicati i ricoveri per problemi legate all’abuso di alcol e droghe, duplicati i ricoveri per depressione e ansie, cresciuti a dismisura i casi complessi a cui non si riesce a dare una risposta che si esaurisca nell’ambito delimitato del periodo di cura.

Le parole di Farncesco Risso, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl Cn1:

«La situazione è drammatica. Abbiamo ricoverati sempre più giovani, tra cui tanti minori, e anche le pediatrie ormai si sono organizzate per affrontare il problema e riservare posti letto dedicati. Solo la scorsa settimana, nei nostri tre reparti abbiamo ricoverato sette minori tra i 15 e i 18 anni. Soffrono principalmente di disturbi depressivi e abuso di sostanze, l’alcol ormai da noi ha uno stile di assunzione simile a quello dei paesi del Nord Europa. C’è poi una pandemia nella pandemia, che è quella dei disturbi nel comportamento alimentare con esordi sempre più precoci e ricoveri addirittura a partire dai 10 anni»

Alle parole di Risso fanno eco quelle di Franca Rinaldi, direttrice del Dipartimento di Salute mentale dell’Asl Cn2:

«La crescita delle richieste è evidente e costante. Negli ultimi anni c’è stato un cambiamento a livello sociale, relazionale e famigliare che il Covid ha contribuito a far precipitare: c’è un malessere della società che diventa un malessere mentale molto più esteso in tutti gli ambiti. E i servizi fanno sempre più fatica a rispondere alle richieste, anche perché sono stati investiti di ulteriori compiti, come ad esempio l’assistenza di autori di reato e con disturbi mentali, passati dalla giustizia alla Sanità»

È questo lo scenario che la Sanità pubblica si trova ad affrontare, dovendo anche combattere con mille carenze e risorse umane sempre più difficili da reperire.

Tuttavia, i percorsi di salute mentale non si esauriscono all’interno degli ambulatori medici o degli spazi dedicati alla cura. Questi percorsi hanno bisogno, per risultare efficaci, della partecipazione della cittadinanza, delle risorse che essa può mettere a disposizione – scuola, lavoro, associazionismo – e che possono diventare attori co-responsabili dei processi di cura.

Incontro a Ferrero di Alba

Di questo e della necessità di un lavoro di rete si parlerà oggi e domani alla Fondazione Ferrero di Alba grazie a due incontri organizzati dall’associazione Diapsi Alba Bra Odv, in collaborazione con AslCn2, i due Consorzi socio-assistenziali di Alba e Bra, Coop Soc Progetto Emmaus, Coop Soc Alice, associazione Pons e grazie al contributo della Fondazione Crc. Gli appuntamenti hanno come titolo congiunto «Una buona salute mentale di comunità nel territorio dell’Asl Cn2. Incontri e confronti per un modello orientato alla Recovery». Entrambi a ingresso libero, vedranno la partecipazione dello psichiatra Renzo De Stefani, ex primario del Dipartimento di Salute mentale della Provincia di Trento, promotore del movimento «Le Parole ritrovate» che rappresenta tuttora una delle pratiche maggiormente innovative sperimentate nell’ambito della psichiatria negli ultimi 20 anni, sintetizzato nel termine «Fareassieme».

Spiega Anna Ruscazio, referente del Gruppo Familiari per l’associazione Diapsi Odv:

«Gli enti pubblici e privati che si occupano di salute mentale sul territorio dell’Asl Cn2 si sono attivati negli ultimi anni per una crescente collaborazione nella cura delle persone con sofferenza psichica e per avviare la costruzione di un modello di cura orientato alla recovery, che vuole cioè mettere al centro gli utenti coinvolgendo le loro famiglie e attivando la cittadinanza. Un modello che ha bisogno di dialogare con altre esperienze, utili a offrire spunti di riflessione ed esempi di buone pratiche».

Fonte: La Stampa

La drammatica eredità del covid
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