Musk, cosa c’è nei due emendamenti anti-Starlink del Pd
Emendamenti ‘anti-Musk’
Il Pd vuole mettere un freno alla possibile espansione di Elon Musk in Italia.
I senatori dem Antonio Nicita e Lorenzo Basso hanno presentato due proposte di modifica al ddl concorrenza per limitare le attività della rete di connettività satellitare Starlink in Italia.
La proposta arriva proprio mentre il governo sta valutando l’utilizzo di questi servizi per garantire la copertura internet nelle aree più remote del paese.
Cosa dicono i due emendamenti ‘anti Musk’
In un primo emendamento, spiega una nota del Pd:
“viene fatto divieto ai soggetti che esercitano il controllo di piattaforme online oggetto della regolazione del Digital Services Act (come Musk nel caso di X) di offrire servizi di connettività all’ingrosso e al dettaglio, inclusa la connettività satellitare, sul territorio italiano”.
Nel secondo emendamento, sempre a firma di Nicita e Basso,
“viene esclusa la tecnologia satellitare di soggetti terzi dall’accesso alle risorse Pnrr già oggetto di gara e assegnate agli operatori di telecomunicazione”.
Praticamente, si tratta di un identikit dell’imprenditore sudafricano e delle sue attività.
La norma avrebbe un impatto immediato sul mercato.
Secondo i dati AgCom, Starlink l’anno scorso aveva già conquistato la maggior parte delle circa 30mila connessioni satellitari attive nella Penisola.
L’emendamento vale anche per le grandi piattaforme online e i grandi motori di ricerca.
La mossa si inserisce in un più ampio quadro di tensione tra l’imprenditore sudafricano e il Partito democratico, culminata nelle scorse settimane nell’abbandono della piattaforma X da parte di alcuni parlamentari dem.
Ed è proprio l’ex Twitter a diventare il grimaldello per estromettere Musk da un comparto ritenuto strategico per l’Italia: o rinuncia alla piattaforma (che, però, ama), oppure a Starlink, almeno nella Penisola.
Una scelta non facile.
L’appiglio è il Digital services act (Dsa), il regolamento europeo che impone alle grandi piattaforme online maggiore trasparenza sugli algoritmi e responsabilità più stringenti nella moderazione dei contenuti.
Una norma non certo amata da Big Tech.
La stretta del Parlamento
I senatori democratici hanno scelto come veicolo legislativo il disegno di legge sulla concorrenza, uno dei provvedimenti chiave richiesti dall’Unione europea per l’attuazione del Pnrr.
Il ddl, che contiene norme per liberalizzare diversi settori economici tra cui quello delle telecomunicazioni, è stato approvato in prima lettura dalla Camera il 3 dicembre e ora si trova in Senato, dove può essere modificato attraverso emendamenti presentati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione.
Mentre il Parlamento discute gli emendamenti dem, a ben vedere esistono già norme restrittive che potrebbero complicare la vita di Starlink in Italia, anche se non specificamente rivolte alla società.
Il decreto Omnibus approvato a inizio ottobre contiene infatti disposizioni che impongono nuovi obblighi ai fornitori di servizi internet, inclusi quelli satellitari.
La cosiddetta norma “anti pezzotto”, firmata da Forza Italia e Fratelli d’Italia, prevede fino a un anno di carcere per chi omette di segnalare le trasmissioni pirata.
Il testo impone a tutti i prestatori di servizi di accesso alla rete di monitorare e denunciare le attività illegali.
“I prestatori di servizi devono segnalare immediatamente alle autorità le condotte penalmente rilevanti”, recita l’emendamento al decreto, che colpisce in particolare chi gestisce reti private virtuali (Vpn) o soluzioni tecniche che mascherano l’indirizzo IP.
Un rischio non indifferente per i grandi fornitori di servizi internet come Starlink, che fornisce connessioni internet satellitari.
Potrebbe infatti essere più difficile per l’azienda di Musk soddisfare l’obbligo di sorvegliare le attività dei propri utenti.
Inoltre, il requisito di segnalare comportamenti penalmente rilevanti potrebbe comportare costi aggiuntivi e conflitti legali, compromettendo la fiducia degli utenti e il modello di business basato sulla neutralità della rete e sulla protezione della privacy.
Nonostante questi vincoli, l’esecutivo mantiene un atteggiamento di apertura verso Starlink.
Il sottosegretario all’Innovazione tecnologica Alessio Butti ha confermato che il governo sta valutando l’utilizzo della rete satellitare, mentre il ministro Matteo Salvini sostiene che
“in Italia serve la connessione di Starlink, altrimenti ci sono troppe città che non sono perfettamente connesse”.
Lo scontro sulla sicurezza
In una nota congiunta, i parlamentari dem Nicita, Basso, Ascani e Casu hanno espresso forti preoccupazioni:
“Il rischio è che la nostra cybersicurezza venga svenduta, consegnata nelle mani di un’azienda privata estera”.
Una posizione che si allinea alla strategia dell’Unione Europea per l’indipendenza tecnologica nel settore delle telecomunicazioni satellitari.
La proposta dei senatori democratici, infatti, va nella stessa direzione del Progetto Iris2 (Infrastructure for resilience and security by satellite), l’iniziativa da 10 miliardi di euro con cui l’Ue punta a creare un’alternativa europea a Starlink.
Il progetto, che prevede 6 miliardi di fondi pubblici e 4 di investimenti privati, è stato affidato al consorzio SpaceRise formato da Eutelsat, Hispasat e Ses.
La convergenza tra gli emendamenti dem e la strategia europea evidenzia una crescente preoccupazione sulla dipendenza da provider extra-europei per servizi considerati strategici.
Mentre l’Italia ospiterà uno dei tre centri di controllo della costellazione Iris2, il Parlamento si trova ora a decidere quanto spazio concedere alle tecnologie di Musk nel mercato nazionale delle telecomunicazioni.
Fonte: Wired
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