Dove trovano tutti questi soldi i tedeschi?
Ha destato scalpore la recente intenzione dei tedeschi di alleggerire il conto nella bolletta energetica di cittadini e imprese per un totale di 200 miliardi di euro a fondo perduto per fare fronte alla crisi energetica sommata a quella internazionale.
Una simile decisione va contro i Trattati europei, quindi è normale che si sia levato il coro di critiche da parte di molti Stati, inclusa l’Italia.
Nonostante ciò, la Germania ha deciso di tirare dritto.
Al di là della questione politica in molti si chiedono: dove trovano i soldi i tedeschi?
Se è vero che l’Italia è riuscita a trovare appena 15 miliardi, il lettore sarà tentato pensare che sia merito della capacità teutonica di essere i più bravi.
Dove trovano tutti quei soldi i tedeschi?
Per rispondere a questa domanda dovremmo dare uno sguardo ai bilanci dello Stato tedesco degli ultimi 20 e passa anni.
Un lavoro piuttosto complesso e noioso da fare.
C’è però un indice che ci semplifica la vita, perché si riassume in un grafico solo.
Ciò a cui facciamo riferimento è la bilancia commerciale, ovvero quel valore che ci dice se uno Stato sta importando di più o di meno di quanto non stia esportando.
In parole povere la bilancia commerciale complessiva di uno Stato ci dice se questo compra o vende di più
Sarà evidente anche a chi non mastica l’economia che se un soggetto vende più di quanto non acquisti si troverà un guadagno in tasca, mentre chi acquista più di quanto non venda si troverà con un debito sulla bilancia commerciale.
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Come sappiamo l’Italia è sempre sotto la lente dell’Europa e dei mercati, tanto da aver trasformato i nostri politici in una sorta di gestori dei loro interessi.
Vale la pena ricordare che noi abbiamo sempre fatto i compiti a casa, come dimostrano i dati.
L’indice che vediamo qui di seguito rappresenta il principale vincolo alla spesa pubblica che ci impedisce di fare come i tedeschi.
Confronto fra alcuni Paesi europei sul vincolo del 3%. Grafici tratti dal libro di economia spiegata facile EXTRA
Un altro aspetto su cui l’Europa non transige con l’Italia, ma permette tutto sia ai tedeschi che ai francesi è la nazionalizzazione di imprese e settori strategici.
Attualmente si parla delle aziende legate all’energia, ma in passato sono state nazionalizzate o aiutate con soldi pubblici, quindi contro le stesse regole europee pretese dalla Germania, compagnie aeree, banche, porti, ecc.
Ma dove trova la Germania i soldi?
Per venire al nocciolo della questione, ciò che consente alla Germania di fare ciò che vuole, in barba ai trattati europei, sono tre cose:
- il fatto che a comandare in Europa sia lei;
- che la struttura europea sia conforme alle caratteristiche mercantiliste dei tedeschi;
- La bilancia commerciale favorevole consegue dalle prime due.
Il modello competitivo dei tedeschi
basato sul mercantilismo
Una corretta distribuzione delle risorse consentirebbe di prosperare tanto all’economia interna quanto all’economia mondiale.
Se questo principio non viene rispettato aumenteranno le disuguaglianze tra ricchi e poveri, tra potenze e Stati satellite, tra predatori e prede.
Questo lo vuole il mercantilismo.
Perché gli scambi possano avvenire correttamente occorre che vi sia l’equilibrio tra import ed export, altrimenti significa che se qualcuno esporta troppo, qualcun altro importerà più di quanto produce per sé stesso, diventando dipendente o succube di economie più forti.
E quando l’economia più debole non avrà più denaro per importare finirà per indebitarsi perché nel frattempo avrà perduto le sue capacità produttive.
Ma se tutti pensano solo a vendere chi è che compra?
Questa è una domanda che i mercantilisti non si fanno. E come i tedeschi, non se la pongono né i cinesi, né gli americani.
In estrema sintesi la bilancia commerciale dei tedeschi ci dice che vendono più di quanto comprino dagli altri, cioè che si finanziano coi soldi degli altri.
“La Cina è una grande opportunità”
a dirlo fu lo stesso autore del famoso detto:
“Con l’Euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più.”
cioè Romano Prodi.
La Cina è solo la decima economia verso cui esportiamo il Made in Italy (2,7% dell’export totale).
Un po’ pochino, visto il numero della sua popolazione totale.
Però è il terzo Paese da cui importiamo di più dopo Germania e Francia (7,5% dell’import totale); export di poco più di 13 miliardi; import per oltre 31 miliardi.
Andamento che è andato peggiorando perfino a partire dalla firma dell’accordo siglato da Ministro degli Esteri Di Maio con il Memorandum of Understanding con la Cina.
Quindi importiamo dalla Cina 2,4 volte in più rispetto a quanto esportiamo nonostante la Cina sia popolata da 1,4 miliardi di persone e l’Italia da nemmeno 60 milioni.
Stiamo parlando di un trasferimento netto di ricchezza dall’Italia alla Cina…
Tutto ciò senza contare le competenze cedute negli anni attraverso le delocalizzazioni che hanno di fatto messo in mano ai cinesi brevetti e know how.
Un discorso simile può essere fatto sulla Germania che viola i trattati sul surplus commerciale.
La sua bilancia commerciale è esplosa con l’ingresso dell’Euro.
FONTE: scenarieconomici