Oltre 300 (erano previsti in 100) al sit-in davanti alla Procura per chiedere di non archiviare l’inchiesta sui vaccini anti-Covid che vede accusati Speranza e l’ex Aifa Magrini. Sotto le finestre del procuratore sfila il dolore di invalidi e madri senza più figli che chiedono ascolto, cure e giustizia.
Anzitutto il numero: quasi 300 persone nell’angusto – ma altamente simbolico – spazio davanti alla cittadella giudiziaria di Roma in Piazzale Clodio. Gli organizzatori della manifestazione promossa dal Comitato Ascoltami, che riunisce i danneggiati da vaccino anti covid 19, e altre sigle, tra cui il sindacato Osa Polizia, avevano comunicato alla questura di Roma la presenza di circa un centinaio di persone. Del resto, l’isola spartitraffico che separa le strade di ingresso e uscita del tribunale della Capitale non ne può contenere molti di più. L’affluenza è andata ben oltre le aspettative, segno che l’argomento dei danneggiati da vaccino non è acqua passata, retaggio di una stagione, quella pandemica, che si vuole a tutti i costi archiviare come vinta senza alcuna conseguenza.
Eccole le conseguenze: centinaia di danneggiati, alcuni venuti in carrozzina con taxi speciali, accorsi a Roma per chiedere a gran voce di non archiviare l’inchiesta della Procura di Roma che vede indagati l’ex ministro Speranza e l’ex direttore di Aifa Nicola Magrini con l’accusa di aver mentito agli italiani nella campagna vaccinale e di aver nascosto i dati che arrivavano dalla farmacovigilanza che mostrava un numero alto di reazioni avverse gravi.
Nessuna gogna, qualche parola animata certo, ma – e questo è il secondo aspetto – una grande compostezza e dignità nel chiedere verità e giustizia, oltre ad un appello alla politica affinché lo Stato si accorga di questi malati di serie B e apra le porte di un sistema di presa in cura che fino ad oggi è stato assente.
La paventata archiviazione dell’inchiesta, con relativa richiesta da parte del Procuratore Lo Voi, nel corso del sit in è stata evocata come un ennesimo schiaffo. Eppure, nessuno ha nemmeno gridato auspici di galera o di condanne: «Vogliamo solo che l’inchiesta venga affrontata nel merito delle accuse che abbiamo raccolto sul conto delle mancate segnalazioni Aifa, il più delle volte occultate come emerso dall’inchiesta di Fuori da Coro, non che ci sia una risposta ideologica o per partito preso», hanno detto a uno a uno i relatori, dalla presidente di Ascoltami Federica Angelini a Roberto Martina, del pool di Avvocati Liberi che sta seguendo la citazione con l’avvocato Angelo di Lorenzo fino ad Antonio Porto, segretario del sindacato di Polizia Osa.
Non è facile vincere la vergogna e raccontare davanti a un pubblico numeroso e in fronte al tribunale di Roma, il calvario della propria situazione clinica di invalido post vaccino o parlare con scioltezza di giovani figli morti improvvisamente nella loro camera da letto. Ascoltami – e anche il Comitato Salvaguardia di Elena Alberton e Francesca Zemella – lo hanno fatto con compostezza dignità.
Come ad esempio Amelia Granini, una degli oltre 4000 danneggiati di Ascoltami, che ha preso la parola facendo ammutolire il pubblico. Amelia detiene un record di cui non può vantarsi: è con ogni probabilità la danneggiata più veloce da vaccino anti covid: «Ho avuto i primi sintomi già dopo 20 minuti: bruciori, parestesie, dolori».
Oggi Amelia è in carrozzina ed è paralizzata. Nonostante le sia stato riconosciuto il danno da vaccino, che le ha permesso di non proseguire con le dosi, a differenza di molti altri, Amelia parla a fatica, ha bisogno dell’aiuto di altri ed è un’ostensione crocifissa vivente. Il suo dolore, la sua sofferenza sono un monito per i giudici che hanno adesso in carico l’inchiesta. È a malati come lei e non solo ai legali che la Giustizia deve dare risposte nell’accogliere o rifiutare il giudizio sulla gestione della campagna vaccinale.
È anzitutto ad Amelia, e a Federica, a Doina, a Sabrina, a Tania e alle migliaia di danneggiati che si deve rendere conto nel decidere che in fondo non è successo niente, che i benefici superavano i rischi. Eccoli, i rischi. Presentatisi nella loro carne sofferente proprio sotto le finestre del Procuratore di Roma.
C’è Doina, che porta avanti la battaglia sulla morte del figlio, Runa Cody ad appena 18 anni. La diagnosi parla di pericardite, ma un giudice ha respinto ogni addebito al medico vaccinatore perché all’epoca non si aveva abbastanza letteratura scientifica. Oggi c’è. E la Procura non può non tenerne conto trincerandosi dietro la scusa che eravamo in emergenza.
Oggi c’è un popolo che la Procura può conoscere, può vedere, può toccare con mano. Nell’inchiesta Speranza-Magrini non ci sono solo carte bollate o rivendicazioni di diritti evocando le più elementari norme del diritto: c’è un popolo che – e questo è un aspetto positivo – la Procura ha potuto vedere in tutta la drammaticità che vive quotidianamente da quasi 3 anni.
Dire no a quelle indagini o peggio ancora, trincerarsi dietro lo stato di emergenza, come se questo dovesse coprire e stoppare ogni tipo di diritto, significa dire no ad ognuno di loro, significa non riconoscere non solo il danno da vaccino, ma neppure quel minimo di umana comprensione e pietà che ieri è aleggiata come fantasma di fronte a un dolore che finalmente ora nessuno può dire di non conoscere o di non vedere.
Presenti alla manifestazione anche i medici – pochi – che hanno denunciato fin da subito l’elevato numero di reazioni avverse che i vaccini covid stavano provocando: da Paolo Bellavite a Vanni Frajese, da Giuseppe Barbaro a Daniele Giovanardi. È presente, a sorpresa, anche il professor Augusto Sinagra, autorevole accademico e principe del foro che ha parlato al pubblico denunciando l’incostituzionalità dei provvedimenti con i quali sono starti imposti a milioni di italiani i vaccini.
Presenti molte sigle e molti cittadini comuni, alcuni dei quali addirittura da passanti si sono fermati condividendo da subito l’iniziativa. Presenti giornalisti – la Bussola ha moderato gli interventi – e avvocati, professionisti e attivisti venuti anche dalla Sicilia e dal Piemonte per un’iniziativa che ha voluto anche essere un momento di pacificazione dopo la divisione da “guerra civile” provocata dall’emergenzialismo pandemico. Uno squarcio di speranza – la virtù, non l’ex ministro – in un mare di dolore ancora vivo.
Fonte. La Nuova BQ
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