Coltivazione Elementare, fare l’orto con Gian Carlo Cappello
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Gian Carlo Cappello è l’ideatore di una pratica per la coltivazione dell’orto, che riduce al minimo l’intervento sulla terra e il lavoro fisico e utilizza una spessa pacciamatura di fieno per la protezione e la rigenerazione del suolo. La sua Coltivazione Elementare, o Orto Elementare, è anche definita “non-metodo Cappello” e si rivolge, soprattutto, a chi cerca l’autosufficienza per la famiglia o la comunità.

Indice dei contenuti

Coltivazione Elementare per fare l’orto

Per rigenerare l’humus non vanno disturbati gli abitanti del suolo

Orto Elementare, in sintonia con i processi naturali

I principi base dell’Orto Elementare Gian Carlo Cappello

Orto Elementare al Bosco di Ogigia (video)

La Coltivazione Elementare. Il non metodo Cappello (video)

Coltivazione Elementare per fare l’orto

Non basta dire orto. 

Dietro al semplice nome che diamo allo spazio riservato alla coltivazione delle più svariate verdure e magari di qualche frutto, si apre un orizzonte sconfinato di possibili tecniche di coltivazione capaci di creare altrettanti piccoli universi connessi con l’ambiente circostante e con noi che ne facciamo parte.

Gli approcci sono davvero infiniti e non è possibile immaginare due orti identici, in quanto sono infinite le variabili che ne condizionano lo sviluppo.

Il non metodo di Cappello apparentemente sembra simile all’orto sinergico, ma in realtà se ne distacca parecchio sia nella scelta dei materiali (Cappello usa il fieno e non la paglia) che nella creazione del letto di coltivazione.

Punto fermo resta, per ottenere un buon risultato, la presenza di humus nel suolo, che sostenga la vita delle piante, a meno che non ci si accontenti di un orto dipendente da continue immissioni di risorse dall’esterno anche sotto forma di concimi di origine sintetica e organica che danneggiano suolo ed ecosistema.

Per chi desidera un cibo sano e nutriente l’humus, che sostiene la vita del pianeta, è il vero prodotto da coltivare, perché è grazie ad esso che tutto il resto accade.

Per rigenerare l’humus non vanno disturbati gli abitanti del suolo

Le innumerevoli tecniche che si possono applicare nell’orto “biologico” o “naturale” puntano a ripristinare, mantenere, aumentare la presenza di questa sostanza complessa, frutto dell’elaborazione di materia organica e minerale di ogni tipo da parte degli organismi, microscopici o macroscopici, che popolano i primi centimetri della crosta terrestre.

L’humus si forma naturalmente nel suolo vivo grazie al lavoro di una comunità di esseri viventi la cui presenza ed efficacia è inversamente proporzionale alla quantità di eventi che arrivano a turbarne le attività.

Insomma i creatori ipogei dell’humus sanno da soli cosa fare e si attivano in base alle condizioni che incontrano con il risultato di migliorare sempre la situazione di partenza.

Oggi che le perturbazioni sono sempre maggiori per via dell’utilizzo dei mezzi meccanici, infatti, l’humus si va perdendo con la conseguente perdita di fertilità di enormi territori, che oggi minaccia la nostra stessa sopravvivenza.

Le tecniche di coltivazione industriale sono molto aggressive nei confronti dell’humus, più attente quelle biologiche e quelle applicate negli orti familiari.

Quasi sempre è prevista, però, una qualche lavorazione del suolo soprattutto per contenere o rimuovere le erbe spontanee, che se trascurate nell’orto prendono quasi sempre il sopravvento sulle piante coltivate.

Le lavorazioni, anche le più utili, hanno sempre qualche impatto sugli organismi al lavoro nel suolo, perciò interferiscono sulla creazione dell’humus.

Si fanno sempre più strada tecniche che non prevedono lavorazioni puntando su una massiccia presenza di materia organica (da far trasformare in humus) e sull’attenzione ad evitare il compattamento.

L’Orto Elementare di Gian Carlo Cappello

Orto Elementare, in sintonia con i processi naturali

La Coltivazione Elementare, sperimentata e proposta da Gian Carlo Cappello, compie un ulteriore passo verso un orto in sintonia con i processi naturali, tanto da non aver bisogno di nessuna lavorazione compreso il diserbo.

Nel “non metodo” le erbe spontanee diventano protagoniste attive della buona riuscita dell’orto, permettendo il successo di una pratica che riduce il lavoro del coltivatore ad una serie di azioni semplici e piacevoli. Persino annaffiare diventa “quasi” superfluo e controproducente.

I principi base dell’Orto Elementare Gian Carlo Cappello

Non lavorare mai la terra: qualunque siano le condizioni di partenza la prima operazione è quella di coprire il suolo, non di movimentarlo. Gli unici interventi sul suolo si fanno al momento dei trapianti e delle semine e sono minimi.

Non rimuovere le erbe spontanee: tutte le erbe contribuiscono a nutrire il suolo e a mantenerlo umido e soffice. Perciò non vengono rimosse al momento della preparazione dell’orto, ma schiacciate sotto ad uno strato di fieno. Solo le più alte e coriacee vengono tagliate e lasciate in superficie.

Pacciamare con un alto strato di fieno: la pacciamatura che copre il suolo deve essere alta dai 20 ai 30 centimetri. Questo garantisce una protezione della vita sottostante, il mantenimento dell’umidità e un adeguato nutrimento agli organismi che lo trasformeranno in humus.

Fieno al posto della paglia: ogni residuo organico è ben gradito, l’importante è che sia garantita la più vasta biodiversità. La tradizionale paglia da monocoltura può essere usata in piccole percentuali. Il fieno da prato misto spontaneo è la migliore soluzione e anche la più facile ed economica da reperire.

Il taglio del fieno va fatto quando questo è già secco, così da garantire la risemina del campo per l’anno successivo e, preferibilmente, con strumenti da taglio manuali (falcetti e falce fienaia).

Le erbe tra gli ortaggi non sono nemiche: anche da una spessa pacciamatura le erbe spontanee troveranno il modo di emergere. Non sono un problema, ma una risorsa, in quanto raccolgono energia con la fotosintesi e la trasformano in zuccheri che forniscono agli organismi del suolo mediante essudati radicali.

Quando crescono troppo da fare ombra agli ortaggi vanno piegate e coperte con il fieno.

Non occorre “quasi” annaffiare: l’acqua viene fornita solo al momento del trapianto delle piantine di ortaggi e serve a far sposare il pane di terra inserito con il suolo dell’orto.

Dopo il trapianto si richiude accuratamente il fieno intorno al colletto dell’ortaggio.

Si interviene con nuova acqua solo se si nota una sofferenza delle piantine al mattino presto, potrebbe non essere necessario per il suo intero ciclo di sviluppo, anche d’estate e in assenza di pioggia.

Si semina senza rimuovere la pacciamatura: la presenza di una spessa pacciamatura aiuterà anche i semi a germogliare.

In questo caso di apriranno solo dei piccoli nidi o delle trincee larghe pochi centimetri per far sì che il sole raggiunga le nuove foglioline, le trincee verranno gradualmente richiuse con il fieno man mano che le piantine crescono.

Non si fanno trattamenti: ogni essere vivente che si avvicina alle nostre piante è benvenuto in quanto contribuisce alla creazione di un equilibrio. Quindi non sono previsti trattamenti repellenti o insetticidi di alcun tipo.

Anche per la fertilizzazione la fiducia va riposta sull’humus che nutre le piante nel miglior modo possibile.

Anche nelle prime stagioni, quando il suolo non si è ancora rigenerato, si evita ogni attività di fertilizzazione per non allungare i tempi per il raggiungimento di un equilibrio spontaneo e duraturo.

Minimo utilizzo degli attrezzi: oltre ai vari tipi di falce per tagliare il fieno, nell’orto realizzato con il “non metodo” Cappello si utilizzano un forcone per la distribuzione del fieno e una paletta per l’interramento delle piantine nella fase di trapianto.  Può essere utile un bastoncino appuntito per creare piccoli fori per interrare leggermente i semi più grandi.

Per stare più comodi nella fase di trapianto e semina, Gian Carlo Cappello indossa delle ginocchiere e ha predisposto un panchetto imbottito dove poggia il torace per svolgere comodamente tutte le operazioni sul suolo.

La Coltivazione Elementare non è figlia dell’agricoltura del passato, nella cui logica era già implicito il passaggio dal bue al trattore, dal letame ai nitrati, dalla poltiglia bordolese ai pesticidi chimici, dalla zappettatura al diserbante, dalle cisterne sui carretti agli impianti di irrigazione in funzione tutto il giorno, dalla scelta in campo della semente migliore da seminare nei campi arati  agli OGM e via dicendo: la Coltivazione Elementare è semmai figlia dei tentativi di trovare un’alternativa a tutto questo. (da La Civiltà dell’Orto di Gian Carlo Cappello)

Orto Elementare al Bosco di Ogigia (video)

Dietro alla Coltivazione Elementare di Cappello ci sono molti anni di esperienze e osservazioni e una filosofia di vita lontana dai consumi e dalle forme di sfruttamento, raccontati nel libro “La Civiltà dell’Orto. La Coltivazione Elementare” uscito nel 2019.

Gian Carlo Cappello ha anche curato la traduzione italiana del libro di Ruth Stout “L’Orto Senza Fatica” (2021), aggiungendo una sua lunga introduzione che ripercorre la storia, la filosofia e la pratica della coltivazione sia di Ruth Stout che biologica in generale.

La Stout è una coltivatrice statunitense vissuta tra il 1884 e il 1980 che ha ideato una tecnica molto simile a quella di Cappello, che l’ha scoperta e se ne è appassionato solo pochi anni fa, quando aveva già elaborato il suo “non metodo” di Coltivazione Elementare.

La Coltivazione Elementare. Il non metodo Cappello (video)

YouTube player

Francesca Della Giovampaola

Per approfondire: il sito Coltivazione Elementare

Leggi anche
Coltivazione Elementare (Orto da Coltivare)
L’Orto Senza Fatica, il metodo di Ruth Stout (Orto da Coltivare)

Libri
La Civiltà dell’Orto. La Coltivazione Elementare di Gian Carlo Cappello
L’Orto Senza Fatica di Ruth Stout (traduzione e introduzione Gian Carlo Cappello)

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