Che cos’hanno in comune l’appiattimento autolesionistico della politica europea, il fatto che nelle democrazie di oggi le cose di fondo non cambino con il cambiare dei governi, la collusione tra organismi pubblici quali Oms e Bce e le grandi industrie private, il condizionamento operato delle Ong -Wef in primis – sulle democrazie ,l’influenza di singoli individui sui destini di intere popolazioni (vedasi i finanziamenti di Soros ai gruppi pro Hamas)?
Dietro a tutti questi fenomeni solo apparentemente slegati c’è una rete che condiziona i poteri istituzionali, ne detta la direzione, ne limita il raggio di azione: è il Deep state, lo stato profondo che -sorto negli USA ma estesosi ben oltre il continente americano – da dietro le quinte manovra la scena internazionale. Se ne parla sempre più spesso, ma a farlo con cognizione e senza derive dietrologiche sono in pochi e così l’argomento – in vero assai serio – viene facilmente derubricato a “complottismo” e sottratto alla pubblica conoscenza. Prezioso è, dunque, il lavoro di analisi e di riflessione sul tema contenuto nel 15mo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo dell’Osservatorio Card Van Thuan, un’opera appena pubblicata che raccoglie più saggi e si intitola “Un Deep State planetario? La politica governata dall’ombra” (Ed. Cantagalli).
Dove l’ombra è quella dimensione in cui operano una serie di attori -apparati statali e loro corporazioni, colossi industriali, mondo accademico, gestori di Media e piattaforme digitali, massoneria – legati da una omogeneità culturale e nel segno del progressismo liberal che spiega la loro convergenza verso una destrutturazione sociale, etica e religiosa, e una ristrutturazione globale della vita umana sul pianeta. In questo senso, argomenta il Rapporto, il Deep state è connesso con il Grande Reset e con la società della sorveglianza mediante la strumentalizzazione della politica e della legge allo scopo di ridisegnare l’umano: “Come il burattinaio con i burattini, lo Stato profondo tirerebbe i fili che fanno muovere le marionette, rimanendo dietro le quinte del teatrino della politica ufficiale senza mai apparire”.
Metodologia del Deep State
Oltre alla sua globalità e volontà di riplasmare la società, la grande novità rispetto alle forme di condizionamento viste in passatoi sta nel fatto che il Deep state annulla il principio di rappresentanza delle Democrazie liberali e, “tramite sistemi elettorali adattati, permette di pilotare periodicamente gli appuntamenti elettorali dando una parvenza di rappresentanza, per poi dedicarsi lungo tutta la legislatura al controllo del potere dall’ombra”.
Natura, metodi e scopi del Deep State emergono d’altronde con evidenza nel periodo dele emergenze – sanitaria, bellica, energetica, ambientale- che stiamo vivendo, in cui sperimentiamo un misterioso allineamento fra poteri e settori (politica, giustizia, università, media, industria), subiamo le “transizioni” che, in nome delle varie crisi, si impongono a livello planetario e assistiamo all’esautoramento della politica e a un processo di rieducazione delle masse.
Rientra in questo disegno anche la questione monetaria e finanziaria e la concentrazione sistemica contro l’uso del contante, laddove -si legge nel Rapporto- il Deep State “diventa la principale gestione del potere nella postmodernità, quando tutto diventa artificiale, virtuale, gestito da un back-stage che insiste a presentarcelo come reale. La rieducazione delle masse consiste propriamente nell’ “convertirle” all’artificialità”, attraverso interventi concordi e obbiettivi condivisi come L’Agenda ONU 2030.
Conseguenze
Una conseguenza dell’azione del Deep State, secondo gli autori, è la trasformazione della società civile che smarrisce con divisione e trasparenza e si gerarchizza, vedendo i soggetti più forti condizionare quelli minori in accordo con poteri occulti di vario genere. È ciò che avviene, ad esempio, con le ONG: “apparentemente espressione libera e gratuita della naturale aggregazione di persone per aiutarne altre, in realtà esse sono spesso ingaggiate in manovre geopolitiche, come nel caso del loro protagonismo nelle migrazioni, e vivono di intrecci di interesse con i loro finanziatori, con i governi, e perfino con l malavita”.
D’altronde, elemento centrale del Deep State è proprio la collusione tra pubblico e privato che tocca perfino l’amministrazione della giustizia: anche in questo, lo Stato Profondo si conferma il frutto della visone moderna della politica intesa come convenzione e che quindi diviene ideologica, auto-deterministica, totalitaria: “una volta eliminato un ordine sociale finalistico e spogliato il potere da significati indisponibile, tutto diventa convenzione imposta e il modo migliore di imporre una convenzione è di farlo di nascosto” per far credere che sia reale.
Privati di natura, famiglia, patria, lavoro, legami, leggi naturali, religione, “gli uomini diventano una convenzione insieme a tutte le istituzioni in cui vengono artificialmente collocati”. E così, liberandosi della verità, la società della post-verità non si è liberata dal potere e dalla sottomissione, ma si è sottoposta a un potere più grande che oggi brandisce spesso la spada della paura, esercita un controllo senza precedenti ed è in grando di cambiare la natura umana inventandosene un’altra artificiale.
Conclusioni e speranze….
Difatti dalle riflessioni emerge che il Deep State non solo è un fenomeno pienamente politico – poiché all’interesse privato abbina la volontà di creare un “mondo nuovo” alla Huxley- ma anche ir-religioso e in particolare anti-cristiano; il che, però, rappresenta proprio la sua debolezza visto che “il nichilismo di cui è portatore lo condanna a un’anarchia sempre latente e in grando di riemergere anche nei momenti di apparente sicuro successo”.
Questo, sistema, è, dunque, tutt’altro che infallibile e inarrestabile: tocca all’Occidente reagire prima che sia troppo tardi poiché, ricorda uno dei saggi citando Karl Popper, “la libertà politica, la libertà dal dispotismo, è il più importante di tutti i valori politici. La libertà può venir sempre perduta. Non c’è permesso di restare con le mani in mano, pensando che essa sia assicurata per sempre”.
Fonte: Martina Pastorelli