Il libro inchiesta rivela dettagli e retroscena dello scandalo. Nel mirino il ruolo del dg della sanità Oberalp Zerzer: «Allora non c’era altra soluzione»
l nuovo libro inchiesta del duo Franceschini Oberhofer sullo scandalo delle mascherine cinese rischia di essere la mazzata finale per il direttore generale dell’Asl Florian Zerzer. Il suo contratto scade a ottobre e non è ancora chiaro se e come sarà rinnovato. Di sicuro le rivelazioni contenute nel libro non sono una buona pubblicità per Zerzer e nemmeno per la Oberalp che fece arrivare quelle «famigerate» mascherine attraverso un volo speciale dalla Cina.
Le intimidazioni e il boomerang
«Hanno cercato di intimidirci in ogni modo ma non ci fermiamo» dicono Christoph Franceschini e Arthur Oberhofer che lo scorso anno avevano fatto tremare l’Svp con il libro inchiesta sullo scan
dalo Sad. Zerzer, dal canto suo, incassa il colpo con fair play: «Sono tranquillo perché sono convinto di aver fatto la cosa giusta, e lo rifarei perché eravamo in emergenza e non c’erano altre protezioni per i nostri medici e infermieri». Sotto accusa anche il ruolo dell’azienda Oberalp che organizzò quella fornitura e che, nonostante le pressioni sulla Provincia, fu pagata solo in parte. Il libro, che prende spunto dall’indagine dei Nas sulle mascherine cinesi, ricostruisce nel dettaglio i giorni convulsi della pandemia quando il Covid decimava i sanitari e non c’erano dispositivi di protezione per medici e infermieri, i più esposti di fronte al nuovo virus. Ed è qui che entra in scena Oberalp: l’azienda della famiglia Oberrauch ha solidi legami con la Cina e si mette a disposizione per far arrivare materiali sanitari all’Asl. Con un volo speciale, il 26 marzo, arrivano in Austria 2,6 milioni di mascherine: un’operazione in grande stile tanto che il governatore Arno Kompatscher informa direttamente l’allora premier Giuseppe Conte chiedendogli di inviare un ringraziamento al cancelliere Sebastian Kurz. Parte del carico infatti è destinato alla Croce rossa austriaca, un’altra parte alla protezione civile italiana. Quello che dovrebbe essere un successo per la sanità altoatesina — e un colossale affare per Oberalp — si rivela però un gigantesco boomerang.
La certificazione
Prima dell’arrivo del materiale infatti si è già posto il tema della certificazione. La prima documentazione fornita dai partner cinesi di Oberalp è insufficiente ma si riesce comunque a far arrivare il carico in Europa. Le mascherine vengono inviate ai laboratori Dekra di Essen per essere testate e la sera del 26 marzo l’esito negativo del test viene comunicato a Vienna. Il 27, il giorno dopo l’arrivo del volo speciale, il parere negativo arriva anche in Alto Adige come documentato dalla conversazione Whatsapp tra Kompatscher e il Ceo di Oberalp, Christoph Engl. Il governatore chiede chiarimenti ma Engl lo rassicura sostenendo che le stesse mascherine sono utilizzate negli Usa.
I 6 milioni
Da quel momento in poi si susseguono i tentativi di regolarizzare tutte quelle mascherine per cui l’Asl altoatesina ha sborsato 6 milioni di euro. Il libro documenta le conversazioni tra i dirigenti dell’Asl e i vertici di Oberalp che si mostrano preoccupati di quello che potrebbe accadere. La preoccupazione aumenta quando i documenti con i pareri negativi vengono pubblicati dal sito salto.bz. Inizia la caccia alla talpa e una serie di tentativi che Franceschini e Oberhofer non esitano a definire intimidazioni. «Ci hanno detto di voler rovinare le nostre famiglie. Nelle intercettazioni si dice spesso che dovrebbero metterci a tacere ma noi siamo in grado di dimostrare che tutto ciò che abbiamo scritto è vero», spiegano Oberhofer e Franceschini che hanno intitolato un capitolo del libro «Corleone in Südtirol». «Ci hanno persino fatto capire che avrebbero cercato di sequestrare il libro ma non ci siamo fermati perché ci sono cose che i cittadini è giusto che sappiano. Oberalp ha sempre raccontato di aver voluto aiutare, questo libro dimostra che le cose stanno diversamente: hanno cercato di fare un affare con la paura», aggiungono i due nella presentazione al Filmclub.
Gli scaldacollo romeni
La pubblicazione — che contiene anche un capitolo sugli scaldacollo prodotti in Romania — in piena campagna elettorale è come una bomba in uno stagno. Thomas Widmann, che allora era assessore alla sanità, si distingue per gli insulti nei confronti dei giornalisti e anche del governatore Kompatscher, accusato di non aver impedito la nomina di una commissione d’inchiesta. Widmann si sfoga anche con l’Obmann Svp Philipp Achammer che rimane in silenzio quando Widmann si scaglia contro il presidente. Colpiscono anche i tentativi di trovare una strada per pagare Oberalp visto che, dopo i primi pareri negativi, l’Asl ha sospeso gli ordini ma la merce è già stata acquistata dalla società della famiglia Oberrauch. L’inchiesta è ancora aperta e sarà la magistratura a stabilire se ci sono stati comportamenti penalmente rilevanti. Di certo il libro complica la posizione del direttore generale dell’Asl Florian Zerzer. Il presidente Kompatscher sembra orientato a dargli una proroga di tre mesi fino a quando non si sarà insediata la prossima giunta. Una linea che, salvo un rinvio a giudizio, non dovrebbe essere rivista. Intanto Zerzer si mostra tranquillo. «Non leggerò il libro perché ho tanto da fare ma sono convinto di aver fatto la cosa giusta perché non c’erano alternative. Quando i carabinieri mi hanno detto che avrei rischiato l’incriminazione se davo quei materiali ho risposto che non ne avevo altri. La scelta era tra queste e niente: anche se erano difettose quelle mascherine hanno protetto il nostro personale e quindi rifarei tutto ciò che ho fatto».
Fonte: Corriere Del Trentino