Barilla
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Il “caso” Barilla

I due video “incriminati”, le reazioni dei consumatori, la smentita di Barilla e l’oscuramento dei video, le “rassicurazioni” della dott.ssa Eleonora Sirsi e del Ministro Lollobrigida.

La celebre multinazionale dei sughi pronti, della pasta e della farina, ha recentemente intrapreso una campagna di sensibilizzazione dei consumatori.
Attraverso dei video realizzati da comici, attori e influencer, la Fondazione Barilla si propone di “educare” gli italiani ad un rapporto con il cibo più sostenibile.

Niente di male fino a qui, la lotta allo spreco è sempre ben accetta.
Quando però si promuove come scelta alimentare “responsabile” il consumo di insetti, iniziano a sollevarsi numerose voci contrarie.

Per quanto la Formenti ce la metta tutta, il video (promozionale della Barilla) agli italiani non è piaciuto.
Dopo la pubblicazione, insieme ad un altro contributo sempre sugli insetti, la Barilla è stata oggetto di un’aspra polemica.
Il mondo dei social si è indignato e numerose preoccupanti teorie sono state diffuse.

Secondo molti infatti, l’obiettivo della Barilla di “normalizzare” l’uso di insetti in cucina nascondeva fini piuttosto concreti.
L’ipotesi era quella di un prossimo lancio di pasta fatta con farine di tarme, che come sappiamo è il primo insetto ad essere stato approvato dall’Unione Europea come alimento commercializzabile.

Per quanto si trattasse di una mera voce di corridoio, moltissimi giornali si sono occupati della questione, mentre fra i consumatori si è iniziato a parlare di campagne di boicottaggio.

Di fronte a tale mobilitazione la Barilla ha deciso di oscurare i video sugli insetti, rendendoli privati.
L’azione non è però stata apprezzata ed anzi vista come una conferma alle preoccupazioni dei consumatori.

La smentita di Barilla

Non potendo più ignorare la mobilitazione e con il concreto pericolo del calo di vendite, Barilla è stata costretta ad una smentita ufficiale.
Un’opinione pubblica indignata è però dura da fermare ed ancora oggi sembra aleggiare la preoccupazione che nella pasta si infili qualche insetto.

FONTE: Byoblu

Se la chiami pasta,
non la puoi produrre con la farina di insetti

Dopo la smentita di Barilla e le dichiarazioni del ministro Lollobrigida, il punto su cosa si può fare oggi in Italia e in Europa in tema di insetti nel piatto.

La professoressa Eleonora Sirsi, grande esperta di Diritto agrario dell’Università di Pisa, è dunque molto sicura: in Italia un “pasta” in quanto tale, alla farina di insetti, non si può fare.

«Sulla pasta si è pronunciata ben due volte anche la Corte Costituzionale, nel 1980 e nel 1997: l’utilizzo del termine è riservato a chi per produrla utilizza farina di semola di grano duro e acqua».

Quanto meno, bisogna chiamarla con un altro nome.
I consumatori possono dunque stare tranquilli, nessuno è pronto a ingannarli mettendo loro nel piatto uno spaghetto ai grilli o un maccherone alle larve.
Anche perchè le regole di etichettatura in Italia – così come in Europa – sono molto ferree: ogni ingrediente utilizzato nell’impasto deve obbligatoriamente essere segnalato.

Proprio in questi giorni un colosso come Barilla si è affrettata a smentire ufficialmente la fake news, circolata sui social, secondo cui la multinazionale stessa sarebbe stata in procinto di lanciare sul mercato un nuovo prodotto a base di farina di insetti.

A ruota, il neoministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida si è sentito in dovere di dire che:

«in questo Governo non ci sarà nessuno spazio per carne sintetica e farina di grilli.
Il nostro obiettivo è difendere i cittadini dalle degenerazioni che vogliono far passare l’idea che basta nutrirsi, a prescindere da dove e come viene prodotto il cibo».

Non può chiamarsi pasta se è fatta con gli insetti

La verità è che nè Barilla aveva bisogno di smentire quello che non poteva fare, né il ministro Lollobrigida poteva dichiarare guerra a qualcosa che non è nel potere dell’Italia decidere.
Perché la pasta non può chiamarsi pasta se è fatta con gli insetti.
E l’Unione europea ha già legalizzato in tutti i suoi Paesi membri l’utilizzo di alcuni insetti per l’alimentazione umana.

Più precisamente, è dal 2017 che la Commissione Ue ha autorizzato l’utilizzo delle proteine di insetti come mangimi per l’acquacoltura e per gli animali domestici.
Dal 2021, invece, anche il consumo umano è stato sdoganato.

Al momento l’Efsa – l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – ha già dato l’ok all’uso in tavola dei grilli domestici (Acheta domesticus), della larva gialla della farina (Tenebrio molitor) e della Locusta migratoria, tanto che da quest’anno sono entrati in vigore i regolamenti applicativi per il loro utilizzo.

la professoressa Sirsi spiega:

«Alimenti prodotti con queste tre specifiche specie possono dunque essere confezionati e venduti in qualsiasi Paese membro della Ue»

Nei supermercati italiani di farine agli insetti non se ne vedono ancora.

Qualcosa comincia a muoversi: a Schio per esempio, in provincia di Vicenza, la start-up Fucibo produce chips e biscotti a base di farine di insetti, che vende anche online attraverso il sito aziendale.
Cento grammi dei suoi biscotti costano 4 euro (40 euro al kilo).

Nella lista degli ingredienti la polvere di larva di Tenebrio molitor essiccata pesa solo per il 6% del prodotto: il grosso è fatto di farina di mais, zucchero, burro e uova.

Il business degli insetti

Il vero business degli insetti, più che nel piatto, al momento è nelle mangiatoie.
Ma è anche vero che in Europa ci sono Paesi che sui cosiddetti “novel food” stanno investendo parecchio.
La Francia soprattutto, ma anche l’Olanda e il Belgio, dove i prodotti a base di insetto sono in vendita nei supermercati già da diverso tempo.
Nel 2017 il mercato degli insetti per uso alimentare valeva 55 milioni di dollari, ma secondo le stime di Global Market Insights raggiungerà i 710 milioni di dollari nel 2024.
In Europa, secondo l’Ipiff (International platform of insects for food and feed) ogni anno si producono già 6mila tonnellate di proteine di insetti, che diventeranno 3 milioni di tonnellate entro il 2030.

FONTE: ilsole24ore

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