Nei giorni successivi alla diffusione del tenore delle motivazioni delle tre sentenze della Corte Costituzionale: nn. 14, 15 e 16 del 1 dicembre 2022, depositate presso la segreteria della Corte e riprodotte ufficialmente sul sito cortecostituzionale.it, è nata una querelle fra giuristi e non, purtroppo, che ha causato ennesima confusione, come troppo spesso accade, ahinoi, quando l’approccio alla materia giuridica avviene da parte di chi non ha titolo per farlo, nonostante la buona volontà. Ad aggravare il tutto, troppo spesso, il modo sprezzante e volutamente polemico di certuni: chi vuole può solo, con molta umiltà, collaborare, come ormai sempre più professionisti amano fare e noi tra loro. Diffidare da chi inasprisce solo gli animi facendo una corsa al podio del “chi è più bravo”: questo non aiuta i cittadini li confonde e destabilizza e alimenta ulteriori inutili e pericolose spaccature che invece tentiamo a fatica ogni giorno di ricomporre, noi tutti. E inoltre rafforza il sistema.
Vedremo pertanto di chiarire alcuni aspetti della vicenda, ai fini di aiutare chi da questi pulpiti autoreferenziali è stato confuso, da qui la scelta di un linguaggio semplice e comprensibile da parte nostra.
Le sentenze della Corte Costituzionale possono essere di diverso tipo e contenuto. Possiamo dividerle in due aree:
- 1) SENTENZE DI “ACCOGLIMENTO”: la Corte Costituzionale, accoglie la questione di cui è stara investita e dichiara incostituzionale la legge esaminata. Valgono per tutti, si dice tecnicamente che hanno “efficacia erga omnes” e salvo eccezioni sono irretroattive, ossia si applicano solo da quel momento in poi, cioè dopo la loro pronuncia. Quando? Dal giorno successivo alla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Risultato: ogni giudice che si trovi ad applicare quella norma, non potrà più utilizzarla, perché incostituzionale.
- 2) SENTENZE DI “RIGETTO”: in tal caso la Corte ritiene che la questione di incostituzionalità di una legge non sia fondata perché la legge rispetta la Costituzione.
Queste sentenze non hanno, diversamente dalle prime, un’efficacia erga omnes ma valgono solo tra le parti interessate dal giudizio di costituzionalità. Cosa vuol dire? Che la legge potrà essere applicata in altri giudizi e potrà addirittura essere promosso davanti alla Corte un altro giudizio di costituzionalità sulla stessa legge, purché fondato su motivazioni diverse.
Questo punto è molto importante: ci fa capire che, in relazione alle recenti pronunce 14, 15, e 16, nulla è definitivamente perduto: non arretreremo per timore, perché lo sapevamo anche prima che i giudici non sono tutti dalla parte giusta della barricata (e, permetteteci la presunzione: in nome della Costituzione italiana la parte giusta è solo una!) Quindi ogni qualvolta è possibile agire in giudizio per la tutela dei nostri diritti, facciamolo!
Veniamo ora alla querelle di cui sopra, male alimentata da certi “cittadini che si ritengono informati” e finiscono solo per peccare di supponenza:
i testi delle sentenze e delle ordinanze della Corte Costituzionale, vengono riprodotti sul sito per puro fine informativo.
Poi, una volta depositate presso la segreteria della Corte (nella specie, le sentenze nn. 14, 15 e 16 sono state depositate il 9 febbraio 2023) sono pubblicate nella “prima serie speciale” utile della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (per chi volesse le fonti: a norma degli artt. 3 della legge 11 dicembre 1984, n. 839 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092) e nella Raccolta Ufficiale delle sentenze e ordinanze della Corte costituzionale (a norma dell’art. 33 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, approvate dalla Corte costituzionale il 7 ottobre 2008). Ricordiamo che l’ultima “serie speciale” utile era dell’8 febbraio scorso, quindi le tre sentenze depositate il 9 febbraio saranno incluse nella prossima. Ed ecco svelato l’arcano della mancata pubblicazione in G.U.
Prima ancora, le decisioni sono accompagnate da un comunicato stampa (come è stato all’indomani della celebre udienza a discussione pubblica del 30 novembre scorso).
Il testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale fa interamente fede e prevale su quello del sito internet, in caso di divergenza.
A questo punto due notizie, una cattiva e una buona: la cattiva è che le sentenze 14, 15 e 16 esistono davvero, la buona è che sono di “rigetto” il che significa, come spiegato, che non sono valide per tutti e non vincolano i giudici che, quindi, possono decidere anche in difformità alle sentenze stesse. Sarà anche possibile sollevare altre questioni di legittimità con diverse motivazioni. Ed è nostra intenzione farlo!
Detto questo, è chiaro che le sentenze 14, 15 e 16 della Consulta sono di chiaro stampo politico e del tutto sganciate non solo dal rispetto della Costituzione stessa ma da ogni evidenza scientifica. Basti pensare che l’assunto da cui partono è che il vaccino sia servito a prevenire il contagio! E meno male che le stesse motivazioni prevedano espressamente che si deve valutare se le scelte del legislatore siano state in linea con le risultanze scientifiche del momento: ricordiamo alla presidente Sciarra che l’udienza si è tenuta il 30 novembre ma Janine Small -direttore commerciale Pfizer, aveva dichiarato in sede di Parlamento Europeo che nulla sapevano circa la capacità imminizzante del virus. Per altro, al governo-legislatore che ha emesso il DL 44/2021 sarebbe bastato attenersi alle schede tecniche dei sieri per sapere che erano atti solo a prevenire la covid-19, malattia causare dal virus Sars-Cov2! Assunti ormai notori, che in senso tecnico giuridico significa che non hanno bisogno di essere ulteriormente dimostrate, ma di cui la Consulta non ha tenuto conto. Ricordiamo infatti che la Corte Costitizionale è composta da 15 giudici, nominati per un terzo dal presidente della repubblica -e ci siamo capiti- per un terzo dal parlamento in seduta comune -e ci risiamo capiti- e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa (art. 135 Cost.): un chiaro organo politico dunque, le cui decisioni sono senza appello in Italia, potendosi impugnare solo in sede europea. Serve aggiungere altro?
Tanto dovevamo.
Avv. Valeria Panetta e Avv. Manola Bozzelli vicepresidenti di Associazione Arbitrium