Diamo spazio ad una notizia passata, secondo noi, troppo sottotraccia…
Una nuova legge ha cambiato la struttura dell’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, con esiti che potrebbero essere molto negativi. Per parlarne occorre tuttavia fare alcune premesse. L’AIFA, come tutte le Agenzie regolatorie europee fa parte dell’EMA, l’Agenzia europea che approva praticamente tutti i nuovi farmaci seguendo appunto la legislazione europea. Inoltre l’AIFA ha una funzione principale e molto complessa che riguarda l’approvazione dei farmaci che devono essere inseriti nel Prontuario Terapeutico Nazionale per essere messi a disposizione gratuita degli ammalati.
Altre funzioni sono rappresentate dalla ispezione delle officine che fabbricano o confezionano farmaci nonché l’autorizzazione alla commercializzazione dei prodotti approvati dall’EMA che per varie ragioni non vengono inseriti nel Prontuario, ma possono essere prescritti dai medici a carico dei cittadini . Ancora l’AIFA approva per l’Italia farmaci generici e biosimilari. Infine controlla la corrispondenza della traduzione in italiano della documentazione, foglietto illustrativo e scheda tecnica dei farmaci approvati all’EMA.
Cosa non va?
Con queste premesse, la nuova legge è un pasticcio per quello che propone e per ciò che ignora. Viene abolito il direttore generale creando così una concentrazione di potere nella Presidenza del Consiglio d’amministrazione che da un lato deve dare indirizzi e controllare e dall’altro deve gestire.
Un vero conflitto di interessi ed una mancanza di logica. Infatti mentre si concentrano in un solo comitato (CUF) chi giudica la validità terapeutica dei farmaci e chi ne stabilisce i prezzi, si realizzano due direzioni, una scientifica ed una amministrativa. Succederà così che, come sempre l’amministratore determinerà i criteri con cui dovrà operare il tecnico anziché esserne al servizio.
L’elenco degli errori o degli orrori…..
Le mancanze. Anzitutto la legge non propone un’attività indispensabile per l’AIFA, cioè fondi adeguati per realizzare studi clinici controllati (RCT) indipendenti. Una legge disponeva che il 5 percento delle spese promozionali delle industrie farmaceutiche confluisse in un fondo per realizzare RCT promossi sulla base di bandi pubblici, dall’AIFA. I fondi sono stati disponibili per 3 anni, ma poi sono stati assorbiti da altre attività. Come è possibile che ciò che sappiamo di un farmaco dipenda solo da ciò che propone chi lo vende?
Un’altra carenza è la completa mancanza di una informazione indipendente. Come è possibile che il medico che prescrive i farmaci sia informato solo dall’industria e non abbia accesso a tutte quelle informazioni della letteratura scientifica che non ha tempo di leggere? In passato c’era un bollettino sui farmaci realizzato dall’AIFA, oggi non c’è più nulla.
La nuova CUF sarà composta da 10 membri. Sono pochi considerando i farmaci che vengono approvati anche in rapporto con il fatto che il Prontuario non è stato rivisto dal 1993 e che incide oggi sulla spesa per circa 22 miliardi di euro, il 17 percento del bilancio totale del SSN. Rivederlo è un compito complicato. Occorre quindi aumentare il numero dei componenti la CUF, ma sopratutto istituire una segreteria tecnica non facilmente reperibile per la mancanza di formazione sulle peculiarità del Servizio Sanitario Nazionale da parte dei tecnici che entrano a far parte dell’AIFA.
La legge non si occupa di evitare che l’AIFA abbia conflitti di interesse. Ad esempio l’Agenzia fornisce a pagamento consigli tecnici alle industrie, ma poi deve giudicare i risultati che ne derivano quando riceve la documentazione dalla stessa industria. L’AIFA deve revisionare tutti i protocolli dei RCT che poi dovrà giudicare quando ritorneranno per sostenere l’approvazione di un nuovo farmaco.
Presso l’AIFA sono operanti due Comitati Etici Nazionali che dovrebbero essere posti in altra sede perché di nuovo concorrono ad approvare gli RCT che ritornano al giudizio dell’AIFA.
Molti dei problemi dell’AIFA derivano dalla legislazione europea che per l’approvazione di un nuovo farmaco dispone che abbia 3 caratteristiche: qualità, efficacia e sicurezza, certamente importanti, ma insufficienti.Infatti queste caratteristiche non ci dicono se il nuovo farmaco è meglio o peggio di quelli già esistenti per la stessa indicazione.
Le conseguenze
Naturalmente la mancanza di confronto fa comodo alle industrie perché ognuna può dire che il suo farmaco è meglio degli altri. Se non si devono fare confronti il gruppo di controllo riceverà un placebo, una situazione eticamente inaccettabile perché si sottrae ad una parte dei partecipanti la disponibilità di una terapia.
Inoltre succede che gli RCT vengano condotti prevalentemente su adulti maschi, mentre poi il farmaco viene utilizzato nella pratica corrente su soggetti che non hanno partecipato allo studio: bambini, anziani e donne creando tossicità evitabile e spesso mancanza di un favorevole effetto fra benefici e rischi. Eppure i Comitati Etici approvano i protocolli di questi protocolli non etici e le università e gli ospedali,con lauti pagamenti non rifiutano di partecipare a questi studi divenendo solo dei procacciatori di pazienti.
Naturalmente in armonia con la legislazione l’EMA deve approvare farmaci studiati in modo eticamente inaccettabili. Diversa sarebbe la situazione aggiungendo all’attuale legislazione solo 3 parole e cioè decidendo che un nuovo farmaco venga approvato sulla base di “qualità, efficacia, sicurezza e valore terapeutico aggiunto”.
In questo modo si approverebbero solo i prodotti che sono meglio di quelli esistenti. In caso positivo si eliminerebbero tutti gli altri. Si ridurrebbe così la inutile e costosa pletora degli oltre 1.200 principi attivi e delle 12.000 confezioni oggi presenti nel Prontuario terapeutico, senza danneggiare gli interessi degli ammalati. Si può sperare che il nuovo Governo metta un po’ d’ordine?
Fonte: Quotidiano Sanità