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ALI – Avvocati Liberi
Dipartimento Energia
Cupe Avvisaglie
Il primo provvedimento giudiziario noto che stabilisce, in sede cautelare, la risoluzione di un contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta dovuta ad “abnormi cause di natura economica e finanziaria, di carattere generale o particolare, che incidano sui prezzi stessi in maniera straordinaria e imprevedibili” risulta essere l’ordinanza del 22.6.22 del Tribunale di Arezzo (Giudice Rossi).
Il giudice aretino ha deciso la controversia insorta tra una impresa fornitrice di servizi di deposito conto terzi di prodotti gelati, congelati e surgelati, ad altra impresa contraente, distributrice di quei prodotti, che non aveva voluto accordare, seppure richiesta, l’adeguamento del canone mensile di deposito, all’aumento dei costi di energia elettrica necessaria per consentire il deposito stesso.
Per tale motivo la società fornitrice del servizio chiedeva al giudice la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c. con ordine di liberazione dei locali dalla merce del proprio contraente ivi stoccata in celle frigorifero,, e con penale di €. 100,00 per ogni giorno di ritardo.
Il Tribunale di Arezzo concedeva la tutela cautelare precisando che, normalmente, la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta non è applicabile per una mera variazione del costo delle materie prime, quando tale variazione, però, sia frutto di una oscillazione ordinaria dei prezzi e rientri, quindi, nell’alea normale del contratto.
Tale normalità sarebbe, come ha rilevato il Giudice, da escludersi.
Appurata la natura di contratto di durata o ad esecuzione continuata come sarebbe quello di “fornitura” o di “somministrazione” o di “deposito”, la via del giudizio d’urgenza è scelta obbligata per chi lamenta l’onerosità sopravvenuta, sia perché essa può essere riconosciuta solo con sentenza costitutiva – non operando alcuna risoluzione di diritto per tale strumento – sia perché nelle more del giudizio ordinario di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, quelle prestazioni continuative dovrebbero eseguirsi con modalità eccessivamente onerose, procurando così il danno imminente e irreparabile che potrebbe essere evitato con il provvedimento di urgenza.
Il provvedimento del Tribunale di Arezzo si apprezza soprattutto nella parte in cui accerta l’esistenza di “abnormi cause di natura economica e finanziaria” che hanno inciso sui prezzi dell’energia elettrica in maniera straordinaria e imprevedibile, se si pensa che, dall’agosto del 2020 il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica è aumentato del 1000%, registrato (da 40, 32 €/MWH nel 2020 a 543,15 €/MWh nell’agosto 2022) e del 500% rispetto a luglio 2021 (102,62 €/kWh).
Tale aumento non è certo dovuto alla carenza o alla disponibilità del prodotto in natura, quanto piuttosto causato da operazioni di carattere speculativo nelle borse finanziarie, unitamente a politiche economiche e belliche promosse e condivise dal Governo italiano.
Nel caso deciso dal Tribunale di Arezzo non si potuta ravvisare la violazione del dovere di buona fede di cui all’art. 1375 c.c. nel rifiuto di accordare una revisione al contratto, poiché il rifiuto non proveniva dalla parte responsabile degli aumenti abnormi dei costi energetici, come peraltro prevede il 3 comma dell’art.1467 c.c., laddove conferisce la facoltà al contraente contro cui è chiesta la risoluzione di evitarla riducendo ad equità il contratto.
Il discorso cambia se il fornitore, quale parte del contratto, aumenta unilateralmente ed in maniera eccessiva il prezzo di una fornitura indispensabile per famiglie e imprese, approfittando della propria posizione dominante nel mercato e nel contratto.
In ogni caso questo provvedimento costituisce una cupa avvisaglia della mole enorme di contenzioso che potrebbe riversarsi nei tribunali italiani a causa della “crisi energetica”, che non appare avere carattere temporaneo e che invece è destinata ad aggravarsi con il passare del tempo.
Fonte: ALI – Avvocati Liberi