Robot e agricoltura. Si fa presto a dire robot
Questo, uno dei tanti articoli, per citare il PNR 2021-2027 programma nazionale per la ricerca
GRANDE AMBITO DI RICERCA E INNOVAZIONE:
PRODOTTI ALIMENTARI, BIOECONOMIA,
RISORSE NATURALI, AGRICOLTURA, AMBIENTE, dove si incentiva la digitalizzazione, I.A. e la robotica in agricolturaFonte: murgov
Le soluzioni robotiche stanno rivoluzionando l’agricoltura ma affrontano complessità tecniche, costi di sviluppo in aumento e un difficile passaggio alla fase di commercializzazione.
Ma come nasce un robot?
The Mixing Bowl dipinge un’interessante panoramica.
I robot agricoli muovono i loro primi passi in campo e le soluzioni disponibili sul mercato sono sempre più numerose.
Se da un lato è possibile vedere chiari segnali di una rivoluzione imminente, dall’altro c’è ancora molto da fare.
La robotica agricola – unendo la meccanizzazione classica con nuove tecnologie come navigazione autonoma, sensoristica e intelligenza artificiale – è chiamata a dare risposte concrete alla carenza di manodopera, all’aumento dei costi produttivi, agli effetti del cambiamento climatico e alla crescita del fabbisogno alimentare mondiale.
Uno studio condotto nel 2022 da The Mixing Bowl – realtà nata nella Silicon Valley per collegare gli innovatori nel settore alimentare e agricolo – ha preso in analisi oltre 600 start up legate al mondo della robotica agricola delineando un’interessante panoramica del settore.
Cos’è un robot agricolo?
Innanzitutto è utile definire cosa si intende per robot agricolo.
Mettendo da parte l’agricoltura per un momento, secondo il dizionario Treccani,
“un robot è un’apparato meccanico ed elettronico programmabile, impiegato, in sostituzione dell’uomo, per eseguire automaticamente e autonomamente operazioni ripetitive e complesse”.
Un aspetto chiave è proprio la sostituzione dell’uomo.
Nello studio condotto da The Mixing Bowl sono state caratterizzate come robot agricoli quelle soluzioni in grado di percepire l’ambiente circostante, raccogliere e analizzare dati e agire in tempo reale con azioni non pianificate.
Il tutto senza intervento umano.
Il panorama della robotica agricola
Il risultato principale dello studio è una curiosa mappa delle principali aziende – quasi 250 – che sviluppano sistemi robotizzati, disponibili sul mercato o in fase prototipale avanzata.
Tra questi prodotti non sono comprese le soluzioni per l’allevamento, i singoli sensori e i progetti di ricerca accademici.
Nell’immagine sottostante, orizzontalmente, è possibile osservare il sistema colturale di riferimento: colture a file, pieno campo, frutteto, vigneto e serra.
Verticalmente, si trova invece l’area di applicazione: movimento autonomo, gestione delle colture e raccolta.
Le aziende compaiono solo una volta, anche se alcune offrono soluzioni multiple o multiuso, e raggruppate in base all’ambito d’utilizzo principale del loro robot.
Alcuni gruppi di prodotti si estendono su più sistemi colturali, in quanto le soluzioni proposte possono essere trasversali a più colture.
La mappa mette in evidenza come la robotica agricola sia un settore molto attivo in tutte le operazioni e in molte colture.
Tuttavia, queste sono il risultato di una grande selezione: il passaggio da prototipo a soluzione commercializzabile non sempre ha esito positivo.
Attraverso la “Valle della Morte” per raggiungere il mercato
Il processo che porta un robot agricolo sul mercato è ricco di insidie.
Lo studio riporta come delle 600 aziende censite, ben oltre il 90% è ancora in una fase preliminare (ricerca o sviluppo dei sistemi).
In questa fase che definiamo “valle della morte“, più aumenta il livello di maturità tecnologica (Trl) – in altre parole il livello di maturità di una soluzione – più aumenta il costo dello sviluppo e i profitti sono negativi.
Sono molte le start up che non superano questa fase andando incontro al fallimento.
Rapporto tra profitti, asse verticale, e fase di sviluppo delle soluzioni robotiche, asse orizzontale
(Fonte foto: The Mixing Bowl)
Perché la robotica agricola ha un alto tasso di fallimento?
Tra le complesse sfide tecniche che le aziende devono affrontare troviamo:
- il design. Nelle fasi iniziali è possibile sperimentare differenti soluzioni, ma per l’accesso ai mercati è importante standardizzare il più possibile;
- la produzione. Le imprese devono passare dalla produzione “in casa” a una ripetibile su ampia scala e quindi spesso affidata all’esterno;
- l’affidabilità. In campo la macchina deve poter gestire condizioni avverse e imprevedibili senza incorrere in guasti frequenti;
- il funzionamento. Gli agricoltori devono saper gestire i robot acquistati con un numero ridotto di operatori: ciò richiede sistemi semplici da usare e una formazione ad hoc;
- la versatilità. Maggiore è la capacità di adattamento di un robot a più colture e più alto sarà il potenziale per servire un mercato ampio con profitti potenziali maggiori.
Solo progredendo nello sviluppo – e continuando a investire – è possibile raggiungere un punto di svolta entrando nella fase di commercializzazione, dove i profitti aumentano progressivamente fino a tornare positivi.
Il punto di svolta: possiamo venderlo?
La risposta a questa domanda non è semplice.
Sembra logico definire pronto per il mercato un robot in grado di svolgere un compito almeno alla pari di un essere umano, con un costo comparabile.
Tuttavia, questo ha generato confusione negli agricoltori che spesso faticano a vederne il potenziale a lungo termine e considerano i robot solamente come un modo per sostituire i compiti svolti da un essere umano e nulla di più.
Nel lungo periodo – e con il giusto sviluppo – le soluzioni robotiche potranno non solo sostituire alla pari il lavoro di un operatore umano ma incrementare la velocità e l’efficienza delle operazioni.
L’operatore in grado di riconoscere questa potenzialità futura sarà più propenso a investire e adottare robot nella sua realtà aziendale.
Anche il modello di business applicato influisce sul mercato: molte start up hanno promosso le loro soluzioni troppo presto creando un sentimento di diffidenza verso i robot tra gli agricoltori.
Per questo è importante che ci siano canali di formazione pre vendita e assistenza post vendita.
Lo studio sottolinea come, inizialmente, il modello migliore è il Robotics-as-a-Service (RaaS) perché consente all’operatore di “provare prima di acquistare” e offre alla start up un campo di sperimentazione reale dove studiare le proprie soluzioni.
Nel lungo periodo le aziende dovrebbero però operare anche con un modello di vendita e noleggio mantenendo il RaaS per i nuovi clienti.
La lunga Valle della Morte
La Valle della Morte, che così tante start up non sono riuscite ad attraversare, sembra stia diventando meno ampia e minacciosa.
Se qualche anno fa i robot non erano pronti per il mondo agricolo, ora le porte si stanno schiudendo grazie soprattutto al generale progresso tecnologico dell’ultimo decennio.
Non solo.
Il carattere multidisciplinare dei team di ricerca, che con maggiore frequenza includono esperti sia del settore agricolo sia di ingegneria e robotica, ha permesso lo sviluppo di nuove soluzioni integrate nella realtà agricola.
Soluzioni in grado di aiutare davvero gli agricoltori ad affrontare le odierne sfide di produzione.
Sebbene l’era della robotica agricola sia probabilmente ancora lontana, stiamo assistendo ad un’evoluzione promettente e, in un futuro non troppo lontano, forse i robot conquisteranno davvero il mondo agricolo.
Fonte: agronotizie