Israele
il riconoscimento facciale
rafforza l’apartheid
contro i palestinesi
Le autorità israeliane stanno usando un sistema sperimentale di riconoscimento facciale, noto come “Red wolf”, per tracciare i palestinesi e automatizzare gravi limitazioni alla loro libertà di movimento.
È quanto emerge dal rapporto “Apartheid automatizzato”, pubblicato il 2 maggio 2023.
Il sistema “Red wolf” fa parte di una rete sempre più ampia di sorveglianza che sta rafforzando il controllo del governo israeliano sui palestinesi e che contribuisce a mantenere il sistema israeliano di apartheid nei loro confronti.
Il rapporto riguarda Hebron e Gerusalemme Est, le uniche città dei Territori palestinesi occupati che hanno al loro interno insediamenti israeliani.
Si basa su prove raccolte sul campo nel 2022, interviste ad abitanti palestinesi, analisi di materiale open-source e testimonianze di personale militare in servizio e in congedo, queste ultime fornite dall’organizzazione israeliana “Breaking the Silence” e usate per corroborare le conclusioni cui è giunta Amnesty International circa il funzionamento dei sistemi israeliani di riconoscimento facciale.
Riconoscimento facciale
“Red wolf”
e non solo…
A seguito dell’accordo del 1997 tra le autorità israeliane e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, la città di Hebron è divisa in due zone, note come H1 e H2.
La zona H1, che costituisce l’80% della città, è amministrata dalle autorità palestinesi.
La zona H2, che comprende la Città vecchia, è sotto il pieno controllo delle autorità israeliane: vi vivono circa 33.000 palestinesi insieme a circa 800 coloni israeliani, che risiedono illegalmente in almeno sette insediamenti.
I palestinesi della zona H2 sono sottoposti a durissime limitazioni al loro movimento.
Non possono avere accesso a determinate strade, riservate ai coloni israeliani, e la loro vita quotidiana è sottoposta a gravi impedimenti, tra cui una serie di posti di blocco militari e ulteriori ostacoli.
I coloni israeliani di Hebron usano strade diverse e non devono passare per i posti di blocco.
Il rapporto “Apartheid automatizzato” rivela l’uso, ai posti di blocco militari, di un inedito sistema di riconoscimento facciale noto come “Red wolf”.
Vi sono forti prove che il sistema “Red wolf” sia collegato ad altri due sistemi di sorveglianza dell’esercito israeliano, “Wolf pack” e “Blue wolf”.
“Wolf pack”
è un grande archivio contenente ogni informazione disponibile sui palestinesi dei Territori occupati: dove vivono, chi sono i loro familiari, se sono ricercati per essere interrogati dalle autorità israeliane.
“Blue wolf”
è un’applicazione cui le forze israeliane possono accedere attraverso smartphone e tablet, che può immediatamente mostrare le informazioni conservate nell’archivio “Wolf pack”.
Quando un palestinese passa attraverso un posto di blocco dove il sistema “Red wolf” è attivo, il suo volto è scansionato a sua insaputa e senza il suo consenso e comparato coi dati biometrici contenuti negli archivi dove sono conservate solo le informazioni sui palestinesi.
In questo modo, il sistema “Red wolf” determina se una persona possa oltrepassare il posto di blocco e acquisisce automaticamente ogni nuovo volto scansionato.
Questo sistema via via aumenta il numero di volti palestinesi archiviati.
Un comandante militare israeliano di stanza a Hebron ha dichiarato all’organizzazione Breaking the Silence che i soldati lavorano sull’addestramento e sull’ottimizzazione degli algoritmi per il riconoscimento facciale di “Red wolf” in modo tale che il sistema possa riconoscere i volti senza intervento umano.
Attraverso le testimonianze del personale militare, Amnesty International ha anche documentato come la sorveglianza dei palestinesi si sia trasformata in un gioco.
Ad esempio, due soldati di stanza a Hebron nel 2020 hanno detto che l’applicazione “Blue wolf” genera una classifica del numero dei palestinesi registrati e che i comandanti premiano i battaglioni che hanno raggiunto il punteggio più alto.
In questo modo, i soldati israeliani vengono incentivati a tenere i palestinesi sotto costante osservazione.
FONTE: Amnesty International