Cos’è la disforia di genere?
Una condizione di grande sofferenza psichica caratterizzata da una marcata e persistente sensazione di incongruenza tra il genere percepito e il proprio sesso biologico.
Cosa sia diventata la disforia di genere, come venga rappresentata e affrontata in riferimento a bambini, adolescenti e giovani adulti è la ragione della nascita di GenerAzioneD.
La “Disforia di Genere”, precedentemente “Disturbo di Identità di Genere”, ha sempre riguardato una piccolissima percentuale della popolazione adulta e prevalentemente maschile – 0.005-0.014% – con un esordio per lo più in età infantile.
Negli ultimi anni, con l’esplosione numerica di adolescenti che si sono rivolti alle cliniche di genere tutto è cambiato.
Nel 2018 la Tavistock Clinic di Londra – unico centro pubblico dedicato al trattamento dei minori e punto di riferimento internazionale fino al luglio 2022 quando ne è stata decisa la chiusura in seguito alle criticità riscontrate da una revisione indipendente -, ha registrato un aumento del 4400% di richieste da parte di ragazze rispetto al decennio precedente.
L’aumento dei casi, il ribaltamento della composizione da prevalentemente maschile a prevalentemente femminile, la modificazione dell’età di esordio da infantile a puberale/adolescenziale e la frequente assenza di manifestazioni in infanzia si sono verificate in tutto il mondo occidentale.
Di fronte a tali sostanziali mutamenti, sempre più esponenti della comunità scientifica considerano insoddisfacenti le spiegazioni di quanti vorrebbero giustificarli unicamente sulla base di una maggiore apertura e accettazione da parte della società.
Anche volendo ignorare l’aumento esponenziale dei numeri, infatti rimarrebbero comunque ingiustificati il passaggio della prevalenza da maschile a femminile, il cambio dell’età d’esordio e l’assenza di manifestazioni nell’infanzia.
Contagio tra pari e sociale?
Considerando proprio l’esponenziale e rapidissima diffusione del fenomeno degli adolescenti che si dichiarano transgender e/o si rivolgono alle cliniche di genere, numerosi studiosi e professionisti della salute hanno iniziato a valutare anche l’ipotesi del contagio tra pari e di quello sociale.
Nella psicologia dello sviluppo gli impatti dei pari e di altre influenze sociali sono descritti utilizzando rispettivamente i termini “contagio tra pari” e “contagio sociale”.
Il contagio tra pari è da tempo riconosciuto con un fattore di rilievo nei disturbi alimentari, attualmente se ne valuta la rilevanza anche rispetto al gender questioning.
Il contagio sociale è da sempre utilizzato per valutare la diffusione di effetti o comportamenti attraverso una popolazione e il consumo sempre più massiccio di internet da parte degli adolescenti – si pensi anche all’impatto della pandemia – rappresenterebbe un ulteriore acceleratore di tale contagio.
Negli ultimi anni infatti si è verificato un forte aumento di contenuti on line sulle questioni transgender, anche con la comparsa sui principali social e su YouTube di centinaia di profili, con migliaia di followers, in cui giovani utenti raccontano e celebrano l’esperienza della transizione.
Sempre più numerosi i professionisti che riconoscono un peso a tali forme di contagio.
Cosa si intende con ROGD?
In uno studio, la dottoressa Lisa Littmann ha coniato il termine di “Rapid Onset Gender Dysphoria” (ROGD) proprio per definire quella che appare come una nuova forma di disforia di genere, a insorgenza rapida appunto, che sembra colpire in modo particolare le adolescenti, in seguito a una prolungata esposizione ai suddetti contenuti on line e che avrebbe un’altissima incidenza all’interno degli stessi gruppi di pari.
La ROGD non è riconosciuta come una diagnosi ufficiale ed è importante sottolineare che considerare anche la possibilità di tali forme di contagio non vuol dire derubricare il fenomeno a una moda – l’autrice dello studio non l’ha mai fatto -, perché la sofferenza psichica dei pazienti con sintomatologia di DG non solo è reale e profonda, ma anche molto complessa.
Oggi comunque la comunità scientifica sembra essere d’accordo su almeno tre cose:
- i cambiamenti nella presentazione della DG ci sono stati,
- le ragioni non sono state ancora sufficientemente studiate
- nelle persone con sintomi di disforia di genere molto spesso è presente un alto tasso di comorbidità.
Cos’è la comorbidità?
In medicina è la compresenza nello stesso soggetto di due o più disturbi/malattie.
Nel caso di pazienti con sintomatologia di disforia di genere è stata riscontrata un’alta comorbidità con autismo, ADHD e/o patologie psichiatriche quali ad esempio la depressione e l’ansia sociale.
Molti specialisti della salute mentale ritengono infatti che ridurre l’intera sintomatologia all’unica causa della DG denoterebbe un pregiudizio di fondo: se studiare la disforia di genere – indagando le ragioni dei suoi cambiamenti e quelle che hanno condotto i singoli individui a manifestarne i sintomi -, viene considerato un atto di transfobia, diventa pressoché impossibile l’individuazione dell’insieme delle cause e dei possibili trattamenti del disagio stesso.
Quali rischi comporta
il trattamento affermativo di genere?
All’esplosione numerica della disforia di genere tra gli adolescenti e giovani adulti ha corrisposto la diffusione del corrente modello “affermativo di genere”, il cui percorso può prevedere:
- transizione sociale
- bloccanti puberali
- trattamento ormonale a vita
- mastectomia bilaterale o impianto di protesi
- rimozione di ovaie o di testicoli
- isterectomia
- rimozione chirurgica o revisione degli organi genitali
Sulla validità di tale modello applicato a bambini, adolescenti e giovani adulti, manca una voce unanime da parte della comunità scientifica (tra gli altri Cass Review, Reconsidering Informed Consent for Trans-Identified Children, Adolescents, and Young Adults).
Molti trattamenti, irreversibili o solo parzialmente reversibili, potrebbero comportare l’infertilità/sterilità di pazienti molto giovani e diversi studi evidenziano gli alti rischi sulla salute delle ossa, del cervello e del sistema cardiovascolare.
Cosa sono i bloccanti puberali?
Sono farmaci utilizzati nei casi in cui bambini molto piccoli mostrino segni di pubertà estremamente precoce, ovvero per ritardarene l’inizio fino a un’età fisiologicamente normale.
Il loro utilizzo per il trattamento di giovani con disforia di genere non è mai stato autorizzato.
In alcuni Paesi vengono infatti prescritti “off label”, ovvero secondo modalità diverse da quelle previste, pertanto il loro utilizzo nel contesto della DG è sperimentale.
Tali farmaci bloccano il desiderio, lo sviluppo sessuale e degli organi e incidono sulla funzione cognitiva, senza contare gli sconosciuti effetti a lungo termine ancora inesplorati.
L’utilizzo dei bloccanti in giovani pazienti con disforia di genere viene spesso presentato come una “sospensione” del naturale sviluppo puberale per quanti potrebbero sentirsi a disagio trovandosi in un corpo sessuato in modo non conforme al genere percepito.
Grazie a questa “pausa” la persona avrebbe più tempo per valutare se desidera o meno svilupparsi in maniera naturale.
Quello che non si dice quasi mai è che, secondo studi scientifici – tra i quali Gender dysphoria in childhood, Transgender and Gender Diverse Children and Adolescents e The myth of persistence – la grande maggioranza dei bambini con sintomatologia di disforia di genere a esordio infantile o prepuberale supererà spontaneamente le sue problematiche proprio con l’arrivo dell’adolescenza.
Leggi l’intero articolo al link sotto
FONTE: GenerazioneD