Israele si ferma per protesta.
Netanyahu rinvia la riforma
Benjamin Netanyahu prima licenzia il responsabile della Difesa, Yoav Gallant, per le critiche alla riforma della giustizia che il primo ministro voleva comunque portare avanti, nonostante la contrarietà del paese;
poi convoca d’urgenza i capi dei partiti di estrema destra che lo appoggiano, infine decide di accantonare la proposta governativa che vedrebbe la magistratura dipendere completamente dalla politica.
La situazione sembra essersi bloccata dopo che Netanyahu ha avuto un lungo colloquio con esponenti della Casa Bianca comunicando che era sua intenzione fare marcia indietro anche sul licenziamento di Gallant.
È questo, in sintesi, quello che è accaduto nel corso della notte, tra domenica e lunedì, in Israele a livello politico.
Ma andiamo con ordine
Yoav Gallant, dello stesso partito di Netanyahu, nel corso di un incontro privato col primo ministro, gli comunica che la riforma della giustizia che ha in mente, rappresenta una minaccia alla sicurezza dello stesso popolo israeliano.
Il ministro della Difesa lo informa che i soldati appartenenti alla riserva iniziano a disertare e il malumore si sta estendendo anche tra i soldati in servizio attivo.
Gallant ha detto:
«La crescente spaccatura nella nostra società sta penetrando nell’IDF, le forze di difesa israeliane, e nelle agenzie di sicurezza.
Ciò rappresenta una minaccia chiara, immediata e tangibile alla sicurezza dello Stato».
Anziché tenere in considerazione l’avvertimento di Gallant, Netanyahu ha usato il pugno di ferro, decidendo di licenziarlo in tronco, nella speranza di bloccare le contestazioni all’interno del governo e insieme mandare un messaggio chiaro alle proteste della piazza.
Ma così non è stato
Appena si è diffusa la notizia del licenziamento di Gallant le strade, le piazze, da Kiryat Shmona nel nord del paese a Eilat sul mar Rosso, la gente ha iniziato a manifestare contro il governo.
I dimostranti, dopo aver occupato l’autostrada, si sono avviati verso la Knesset, il parlamento monocamerale di Israele, nelle cui vicinanze si trova anche l’abitazione del primo ministro. Ma questa volta, oltre a chiedere il blocco della proposta governativa si invocano anche le dimissioni di Netanyahu.
Il paese si è fermato
Uno sciopero generale, proclamato dai sindacati, ha bloccato tutte le attività, università e scuole, uffici pubblici, mezzi di trasporto e aeroporto, ospedali, parchi e centri commerciali: tutti i dipendenti hanno incrociato le braccia.
Alla protesta, per la prima volta, hanno partecipato anche gli amministratori delegati degli istituti di credito più importanti d’Israele.
La Casa Bianca, attraverso il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Adrienne Watson, ha rimarcato di continuare a sollecitare con energia i leader israeliani a trovare un compromesso il prima possibile.
FONTE: LaNuovaBq